Tactics Ogre Let Us Cling Together
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Prolissi. Tediosi. Lenti. Questi sono solo alcuni degli aggettivi con cui chi non ama gli RPG strategici li ha etichettati nel corso degli anni, preferendo spesso una bella carneficina virtuale no-brain ad una tonnellata di ore passate a customizzare ed equipaggiare le proprie truppe. Eppure questo genere, mantenutosi fondamentalmente uguale a sè stesso nei decenni, continua a far registrare vendite che, pur non comparabili a quelle di brand di massa, garantiscono un sufficiente ritorno alle software house, le quali continuano a proporre al pubblico queste piccole perle di programmazione con cadenza tutto sommato regolare. L’utenza PlaystationPortable, che ha già potuto godere di una splendida conferma (Final Fantasy Tactics: The War of the Lions) e di una scintillante sorpresa (Jeanne D’Arc), si confronta oggi con un titolo oscuro a molti, e invece notissimo agli amanti del genere, considerato da più parti il progenitore del SRPG in chiave moderna: Tactics Ogre: Let Us Cling Together.
Let Us Cling TogetherOriginariamente rilasciato su Snes nel 1995 e poi riproposto in un controverso port su PSOne e Saturn, Tactics Ogre è l’opera magna di Yasumi Matsuno, uno degli sceneggiatori più brillanti della scena giapponese dell’ultimo ventennio, e proprio dal pugno di programmatori che lavorarono con lui nacque, di lì a qualche anno, il più conosciuto Final Fantasy Tactics, pesantemente debitore delle meccaniche e del ritmo di gioco introdotti dal capolavoro uscito sotto etichetta Quest. Al centro delle complesse vicende ci sono Pavel e Catiua Denam, due fratelli di sangue Walister, e il loro amico d’infanzia Vyce, irruente e fumantino, rimasti orfani per mano dei Black Knights, un ordine di cavalieri assoldati dal nemico giurato dei Walister, i Galgastani, per far pendere dalla loro parte le sorti della guerra che da anni insanguina il mondo intero. Dunque, come spesso accade, la molla che fa scattare gli eventi, o meglio, avviare la ruota, è la vendetta: i sentimenti e l’animo umani si dispiegano nel plot di Tactics Ogre come in nessun altro titolo di genere, senza mai concedere nulla all’ilarità, ma concentrandosi sulla gravità e la mostruosità della guerra e delle scelte inumane che i suoi attori sono spesso costretti a fare. Eppure il tono generale non è quello del pomposo pamphlet pacifista, ma del dramma inveterato, reale, carnale, vissuto da tre ragazzi che reagiscono, ognuno a modo suo, a sentimenti contrastanti come la rivalsa, la sete di vendetta, la lotta di classe, la pietà verso il nemico ormai sopraffatto. Presto la vicenda privata dei tre si perderà nel fiume degli eventi della guerra come una goccia d’acqua in un fiume in piena, e porterà il giocatore a partecipare (e non ad assistere) ad una sceneggiatura tra le migliori in cui ci siamo imbattuti in oltre vent’anni di onorata militanza videoludica. Va fatta una precisazione riguardo ai termini “partecipare” e “assistere”: mai come in Tactics Ogre il giocatore è fautore del proprio destino, dato che la storia propone un gran numero di bivi, quando minori, con ripercussioni su quest secondarie, quando principali, dove la decisione intrapresa peserà inevitabilmente sull’esperienza di gioco e forgerà il prosieguo dell’avventura. The World, opzione sbloccabile al termine del primo playthrough, consentirà al giocatore di riannodare i fili della storia in modo diverso a partire da diversi “punti àncora”, in modo da vivere appieno l’esperienza pensata dai programmatori. In altre parole, longevità quasi infinita.
Un pozzo senza fondoIl titolo di questo paragrafo fotografa la vera essenza del gioco: preparatevi ad affondare i denti in un titolo che non richiederà meno di una sessantina di ore per essere assaggiato, e più del doppio per essere sviscerato a fondo. Tactics Ogre sarà il pozzo in cui getterete decine e decine di ore del vostro tempo libero per i prossimi mesi, indipendentemente dal tempo che c’è fuori e dagli impegni privati. Questo, o la completa indifferenza. Ma se non siete amanti del genere, probabilmente non sareste arrivati fin qui a leggere. Le dinamiche di gioco non hanno quasi nulla di innovativo. Certo, è apprezzabile come adesso i personaggi crescano per classi e non autonomamente, il che garantisce una maggiore compattezza alle truppe, e la quantità di oggetti e armamenti disponibile sia quasi triplicata rispetto all’originale, ma non è questo il punto. Il prodotto Square Enix propone elementi ripresi dal passato e ammantati di quella modernità e quella profondità che rendono ogni partita diversa, eppure uguale dalla precedente.Entrare nel dettaglio significherebbe abusare del tempo dei lettori, ma ci sono elementi sui quali è doveroso soffermarsi. Le truppe in campo tornano ad essere tante, decisamente di più delle 5-6 di media cui altri titoli del genere ci avevano abituato: qui si viaggia sui 10-12 a combattimento, indelebile marchio di fabbrica della serie, e questo aumenta le variabili e le possibilità di azione, tanto che la softco giapponese ha reputato potesse essere una buona idea inserire, tramite il tarocco denominato The Chariot, la possibilità di rivivere le ultime 50 mosse effettuate, riavvolgendo il tempo come in un nastro, così rimediare ad eventuali errori o alla perdita di un prezioso commilitone. Non neghiamo che la cosa ci abbia spiazzato, e che, da puristi, ci sia sembrato sulle prime quasi un insulto: ma, ragionandoci bene, questa possibilità (peraltro non incentivata dal gioco, che prevede dei malus per i giocatori che ne abuseranno) apre anche ai neofiti un mondo che troppo a lungo è rimasto chiuso in sè stesso, prigioniero dei luoghi comuni con cui abbiamo aperto questa recensione e dell’oggettiva quantità di tempo necessario per goderne appieno. Il ritmo di gioco e le sue regole sono sostanzialmente le stesse di sempre, con la possibilità di attacchi all’arma bianca o a distanza, una cinquantina di classi tra cui scegliere (di cui, onestamente, solo 4 o 5 si sono rivelate deludenti e, alla prova dei fatti, inutili) e la consueta griglia su cui muovere le nostre truppe.Ciò che Tactics Ogre offre in più è il micro management del proprio esercito, il quale, più che un esercizio di stile, si rivela una necessità imprescindibile, ed è strutturato in maniera da lasciare la più totale libertà di scelta al giocatore: fatte salve limitazioni lecite (avete mai visto un chierico brandire un’ascia a due mani?), ogni personaggio può essere plasmato secondo i propri gusti, consentendo un approccio estremamente personale alle battaglie e l’allestimento di un’armata versatile e organizzata. Abbiamo apprezzato oltremodo l’abbandono di una pratica, quella del power-play, che aveva parzialmente minato la godibilità dello spin off tattico della serie Final Fantasy e di molti altri titoli del genere, inclusi Jeanne D’Arc e Disgaea: nessuno dei personaggi che porteranno il nostro vessillo è imbattibile o quasi, e perfino il protagonista, se mandato allo sbaraglio in mezzo ai nemici, perirà in breve tempo. Questo ha effetti notevoli tanto sul bilanciamento del livello di difficoltà, che oseremmo definire eccelso, quanto sul realismo del gioco, che costringe ad un’attenta pianificazione tattica di ogni mossa, pena la perdita di alleati preziosi, piuttosto che il fatidico Game Over. Nelle lunghe ore passate in compagnia di Tactics Ogre, raramente siamo riusciti a sterminare l’esercito avversario in toto, cosa che invece ci risultava facile in passato: spesso l’obiettivo suggerito dai programmatori è, realisticamente, l’unico perseguibile, perché trucidare il leader delle truppe nemiche è una cosa, sbarazzarsi anche di un’altra dozzina di nemici tra piovre, uomini lucertola, cavalieri e barbari è un’altra. Il gioco tenderà a premiare la pazienza, la cura dei dettagli e le scelte fatte con il cervello piuttosto che con il cuore: dare il giusto peso ad elementi come l’altitudine da cui si scaglia un colpo, il tempo atmosferico che fa da sfondo alla battaglia e la sequenza dei turni seguenti, mostrata in fondo alla schermata, significa assicurarsi una vittoria e il prosieguo dell’avventura, laddove scagliarsi in massa senza una logica contro il nemico, guidato da un’eccellente intelligenza artificiale, vorrà dire, con ogni probabilità, dover ricominciare dall’ultimo save point. La massima oculatezza è necessaria anche nella gestione delle risorse economiche, sempre limitatissime, e in quella degli skill point, che saranno distribuiti a fine battaglia a seconda delle azioni intraprese dalla singola unità (addio quindi alle unità “spettatrici”), ma solo tra quanti nel nostro esercito sono rimasti in vita: in soldoni, considerato anche il prezzo esorbitante degli oggetti necessari per rianimare un compagno caduto, in Tactics Ogre è caldamente consigliato non lasciare nessun commilitone a terra. Non dite che non vi avevamo avvisato.
Ritinteggiare a matitaDopo aver tirato le orecchie a mamma Square Enix per il port tecnicamente (e solo tecnicamente, sia ben chiaro) deludente in occasione di Final Fantasy Tactics, che presentava degli inspiegabili quanto fastidiosi rallentamenti ed effetti sonori che stridevano con gli standard odierni, oggi dobbiamo tributare un lungo applauso a chi si è occupato di questo remake, che si avvale di una colonna sonora da brividi, incisa sul mini CD contenuto nella Premium Edition e orchestrata magistralmente da Sakimoto e Iwata, che fa vibrare le corde dei sentimenti ancora di più di quella originale. Stesso discorso per gli artwork, interamente ridisegnati da Yoshida, padre dell’indimenticabile Vagrant Story, con uno stile mitteleuropeo che si sposa egregiamente con le tonalità cupe della storia raccontata e le frequenti piogge che diluiranno il sangue che verrò sparso sui campi di battaglia.La grafica, pur ripulita e meglio definita, è fondamentalmente la stessa degli esordi sul 16 bit di casa Nintendo, e questo la dice lunga sulla classe e sulla bontà del design originali, che sono invecchiati talmente bene da poter essere riproposti senza che questi infici la qualità generale di un titolo, che, teniamo a ribadirlo, non aveva nemmeno lontanamente intenzione di stupire con effetti grafici o con filmati da console HD. Tactics Ogre è sempre stato centrato sulle battaglie, sulla storia, sull’epicità degli eventi, e necessitava di una rinfrescata, come un muro bianco con qualche anno sulle spalle, e nulla più: questo è, niente più, niente meno, quello che Square Enix ha fatto, e alzi la mano chi non è soddisfatto della fluidità con cui scorrono le battaglie, dell’impareggiabile stile delle talking heads o dell’incedere solenne delle numerose marce di cui è infarcito il titolo. Ai piani alti della casa dei Chocobo sembrano aver imparato dagli errori recenti, tanto da proporre quello che, a nostro parere, è il gioco di ruolo strategico definitivo e, contemporaneamente, l’enciclopedia di come dovrebbe essere realizzato un remake di un gioco che ha sedici anni e spiccioli sulla carta d’identità.
– Il gioco strategico a turni per eccellenza
– Infinito
– Colonna sonora da brividi
– Giocabile a più livelli
– Sceneggiatura indimenticabile
– Genere di nicchia
9.3
Siamo senza ombra di dubbio di fronte ad uno dei tre migliori titoli del catalogo PSP. Con l’unica, generica limitazione derivata dal genere di appartenenza, che di certo non è il preferito delle masse, Tactics Ogre: Let Us Cling Together è un titolo che andrebbe acquistato (magari nella lussuosa edizione limitata appena giunta sul mercato europeo), sviscerato, amato, giocato in ogni sua declinazione, e poi riposto nel cassetto, per ricominciare daccapo tra qualche mese. Come tutti i giochi che puntano forte sulla giocabilità e non sui lustrini grafico/sonori, l’ultima fatica Square Enix non perderà mai il suo fascino, e rimarrà attuale, difficile, appassionante e puntiglioso anche tra altri 15 anni, alla faccia del 3D e dell’alta risoluzione. Il lieve abbassamento della difficoltà media e l’opzione The Chariot ne fanno un acquisto consigliato anche a quanti non hanno mai affrontato un titolo tanto enciclopedico: d’altronde, quale modo migliore di avvicinarsi ad un genere, se non giocando il suo migliore esponente?
Voto Recensione di Tactics Ogre Let Us Cling Together - Recensione
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