Quando alla Gamescom 2015 vedemmo per la prima volta il trailer di annuncio di Stellaris, subito nella nostra testa iniziarono a ronzare domande del tipo: “Come faremo a spedire i nostri Grenzer su Alpha Centauri? Il motore di gioco – il Clausewitz Engine – verrà sostituito con il Gagarin Engine? Alla fine, i conquistadores spagnoli convertiranno anche gli indigeni di Omicron Persei?”. Purtroppo, dopo aver passato molte ore fra costellazioni, nebulose e pianeti nel nuovo grand strategy sviluppato da Paradox Development Studios, i nostri interrogativi non hanno trovato risposta, ma in compenso abbiamo scoperto un sacco di cose nuove lanciandoci nell’esplorazione degli angoli più reconditi dello spazio, come il rischio che si corre quando si fanno arrabbiare alieni fungodi xenofobi, che sviluppare una AI senziente nel proprio impero non è sempre una buona idea o, ancora, che i pirati dello spazio non sono tutti quanti dei paladini della giustizia come Capitan Harlock.
Come saremo in futuro
Paradox Interactive, con i suoi grand strategy, può vantarsi di avere praticamente inventato un genere nuovo, i cui titoli hanno riscosso un enorme successo sia fra la critica che fra il pubblico, grazie alle profonde meccaniche di gioco e a schemi quasi unici nel panorama videoludico: è quindi impossibile analizzare Stellaris senza gettare uno sguardo al passato e fare dei paragoni con i vari Crusader Kings o Europa Universalis. Lo diciamo fin da subito, Stellaris riesce nel difficile compito di differenziarsi dalle precedenti produzioni ma, allo stesso tempo, l’impronta di Paradox si vede lontano un miglio. Anzi, un anno luce. La novità più lampante è certamente la totale personalizzazione di quasi tutto ciò che si trova dentro Stellaris. Crusader Kings, Hearts of Iron, Victoria ed Europa Universalis avevano un canovaccio storico da seguire, non era certo possibile far sì che Hitler fosse un pacifista amante del prossimo, così come non sarebbe stato accettato da nessuno un Sacro Romano Impero nel Messico centrale. Ma il futuro, chi lo sa cosa ci riserverà? Partendo da questo assunto, il team di sviluppo è stato chiaro fin da subito: in Stellaris ognuno può essere ciò che vuole e noi, prendendoli alla lettera, siamo stati dei fungoidi industriosi, allo stesso tempo xenofobi ma pacifisti, retti da una oligarchia plutocratica guidata dall’eccentrico Wolfag von Bayen. Scherzi a parte, quando diciamo che ogni singolo elemento di Stellaris può essere modificato, intendiamo davvero tutto: le razze – sia esteticamente che nei tratti peculiari – le galassie, le forme di governo o, ancora, le astronavi ed i pianeti. Avviando una nuova partita, le razze messe di default a disposizione – mammiferi, rettili, uccelli, molluschi, artropodi e funghi – si rivelano dei semplici preset da cui partire per sbizzarrirsi e plasmare a proprio piacimento la fazione. Innanzitutto, ne vanno selezionati i tratti caratteristici: volete avere dei pennuti intelligenti? Potete. Preferite una popolazione di rettiliani industriosi? Scegliete il tratto corrispondente ed il gioco è fatto. Naturalmente, la razza perfetta non esiste nemmeno nel futuro dipinto da Paradox, e così non tutti i tratti e le caratteristiche positive possono essere impostate ad inizio partita. Ad esempio, se selezionate come pianeta natale uno ricoperto da oceani, difficilmente la vostra razza si adatterà ad una superficie arida, e solo dopo faticose ricerche e scoperte tecnologiche sarà possibile colonizzare un pianeta differente dalla “terra” di origine. Naturalmente non mancano all’appello le pure modifiche estetiche, come ad esempio la bandiera della fazione, il ritratto del suo leader e l’aspetto delle città che si andranno a costruire. Ecco, nel prossimo futuro, aspettatevi decine e decine di DLC sotto questo punto di vista. Ritornando dal divertente all’utile, gli ultimi elementi su cui poter giocare sono l’aspetto delle proprie astronavi e la modalità con cui si viaggia attraverso i sistemi planetari, che va dal più immediato warp travel al più complesso wormhole, consigliato solo ai navigatori interstellari più esperti. Aprendo invece il pannello dell’editor delle navette, potreste rimanere spiazzati e credere che alla fine tutte siano uguali, che le differenze stiano solo nella carena, ma che a conti fatti prender un modello piuttosto che un altro non faccia differenze. In parte avete ragione, ma solo in questa fase preliminare perché, una volta avviata la partita, vi renderete ben presto di essere corsi a giudizi troppo frettolosi. Infatti, a parte l’estetica, può essere modificato – previo sblocco tramite ricerca – praticamente ogni singolo pezzo della nave, dai motori ai cannoni, passando dagli immancabili scudi deflettori. Come è ovvio, un incrociatore dalla inaudita potenza bellica avrà un costo differente da una bagnarola scalcinata, ma quello che vogliamo farvi capire è che il tool garantisce la totale personalizzazione delle flotte, permettendo così di adeguare le truppe al vostro stile di gioco. Chiudiamo l’argomento personalizzazione con le ultime scelte da compiere, indipendenti dalle razze, ossia la grandezza della galassia – misurata in numero di stelle al suo interno – e la sua conformazione che, come ben ricorderete dai vostri studi, può essere ellittica, a spirale con due o quattro braccia oppure sferica, ed a seconda di quello che deciderete verrà modificata la traiettoria dei viaggi fra i sistemi. Nel caso in cui la vostra sete di personalizzazione non si sia ancora placata, sappiate che Paradox ha dato carta bianca alle community di modder e che dunque da qui in avanti Stellaris verrà di certo rivoltato come un calzino.
La corsa all’oro
Vagando tra le stelle ed i pianeti di Stellaris, ci siamo imbattuti in sistemi più affollati di una spiaggia nostrana nel giorno di Ferragosto: il cuore del giocorisiede nell’esplorazione e nella conseguente colonizzazione dei nuovi pianeti abitabili, operazioni alle volte anche piuttosto semplici, ma che di frequente nascondono pericolose insidie, rappresentate da qualche mostro alieno, da pirati spaziali e, soprattutto, dagli altri imperi che mano a mano si incontrano e che spesso e volentieri si rivelano ostili. Le prime fasi di gioco sono estremamente importanti ed assomigliano alla conquista del Far West, perché, proprio come un pioniere americano del XIX secolo, il giocatore deve lanciarsi alla conquista di nuovi territori sconosciuti, inviando le proprie navette scientifiche ad indagare i sistemi che circondano il pianeta natale, alla ricerca di satelliti e altri corpi celesti nei quali sono presenti le preziosissime risorse da estrarre immediatamente facendo costruire dalle apposite astronavi il maggior numero di miniere. Cincischiare in queste prime fasi di gioco ed attardarsi in operazioni superflue causa fin da subito un gap tecnologico e di ricchezza che difficilmente verrà colmato nel proseguo della partita: se avete un minimo di confidenza con le produzioni targate Paradox, ben saprete quanto esse siano punitive, e anche Stellaris di certo non differisce in questo aspetto. Ecco quindi che la generazione procedurale della galassia diventa allo stesso tempo croce e delizia: se siete fortunati, troverete a portata di mano sistemi ricchi di risorse da sfruttare, ma, se all’opposto la malasorte vi perseguita, nei viaggi che farete ai confini dello spazio potreste trovare anche solo cumuli di roccia ed aride distese. Questo vale anche per i pianeti da colonizzare perché, come detto poco sopra, a seconda della razza scelta ad inizio partita, quest’ultima si adatta o meno solo ad alcune tipologie di superfici, e se il caso vuole che di fianco a voi ci siano solo corpi celesti inospitali, non ci potrete fare nulla, almeno non prima di aver sbloccato le tecnologia necessaria. Non prendeteci per matti però quando diciamo che anche questo è il bello di Stellaris e che l’imprevedibilità è uno dei suoi maggiori punti di forza, la vera molla che da il là all’esplorazione dello spazio siderale.
La gestione della fazione
Espandere i confini senza badare alle fondamenta è un grosso rischio, perché un impero spaziale non può certamente reggersi su dei piedi d’argilla, ed è proprio nella microgestione della fazione che emergono con maggior forza le similitudini fra Stellaris ed i suoi “cugini”, come ad esempio nella costruzione di nuovi edifici e nell’emanazione di editti e nuove politiche, che ricordano infatti da molto vicino quanto già visto in Europa Universalis IV. Chi ha masticato a lungo le produzioni Paradox, muovendo lo sguardo sullo schermo, incorrerà in ogni dove in indicatori e schermate famigliari, che, predisposte in maniera come al solito encomiabile, riescono in pochi e semplici passaggi a fornire tutto ciò di cui ci si deve ricordare. La massima importanza l’assume di certo la finestra posta nel lato destro dello schermo, dove è riportato l’elenco di tutte le navicelle, la loro attività e la loro ubicazione: dimenticarsi e perdere delle astronave in qualche anfratto del cielo non è infatti una cosa rara, soprattutto per la vastità della mappa e, date le pericolosità che si celano in ogni viaggio, è sempre meglio tenere sott’occhio la propria flotta. Uno dei maggiori pregi dei titoli Paradox è che essi sono fra i pochi dove la diplomazia funziona davvero bene, dove anche le fazioni guidate dalla IA si comportano in modo razionale: da questo punto di vista, Stellaris non fa alcuna eccezione e, dopo il primo contatto con una civiltà aliena, ecco aprirsi un vasto ventaglio di possibilità, sia di cooperazione, con la creazione di vere e proprie confederazioni spaziali, sia di rivalità, ed infine di guerra aperta. Se siete giocatori navigati dei grand strategy, potreste però accorgervi di come la diplomazia abbia subito un processo di semplificazione, con alcune delle opzioni presenti nel passato ora sostituite da una versione più light, soprattutto per quel che riguarda il commercio ed i mercati, di cui non rimane che una pallida ombra in Stellaris. Due sono le motivazioni che potrebbero esserci dietro questa “parsimonia”: da un lato, il processo di semplificazione incominciato con Europa Universalis IV è stato portato avanti anche con Stellaris, oppure, conoscendo le politiche commerciali di Paradox, la diplomazia verrà raffinata nel corso del tempo tramite i consueti DLC rilasciati di frequente dalla software house svedese. Più in generale, Stellaris si pone un gradino sotto in termini di complessità e di quantità di meccaniche da padroneggiare rispetto a quanto visto nei vecchi titoli Paradox dove, soprattutto nelle primissime fasi ci si trovava davvero spiazzati davanti a numeri, statistiche e modificatori. In Stellaris, grazie anche alle missioni che vengono generate di volta in volta, il giocatore viene seguito da più vicino e non è lasciato solo a vagare nello spazio: questa maggiore apertura attirerà di certo una nuova fetta di pubblico, ma i puristi del genere potrebbero storcere un po’ il naso davanti agli aiuti. Il medesimo discorso può esser fatto per la gestione delle finanze, dato che ora vedere il conto andare in rosso è una situazione piuttosto rara e bastano pochi semplici accorgimenti per far tornare gli introiti.
Ricerca e sviluppo
Uno spazio più ampio merita il sistema della ricerca e dello sviluppo, del tutto differente rispetto al passato, ed ora molto più simile a quanto visto in Sid Meier’s Civilization: Beyond Earth per via della velocità. Se in Europa Universalis, in Crusader Kings o Hearts of Iron ci si trovava davanti ad un albero delle tecnologie ben delineato, dove il giocatore decideva quale fosse la strada da seguire per la propria fazione già vedendo il punto d’arrivo, in Stellaris vige al contrario l’incognita più totale. Il team di sviluppo ha infatti deciso di mischiare le carte nel mazzo, e questo non è un paragone campato per aria, visto che nelle tre aree di ricerca e sviluppo – fisica, società ed ingegneria – di volta in volta appaiono in modo casuale le possibili tecnologie da sbloccare: questa trovata rende le partite ogni volta diverse fra loro, ma se la nuvola nera di Fantozzi resiste sopra di voi, può anche capitare di non pescare per svariati turni proprio la carta necessaria per colonizzare il pianeta che vi sta di fianco. A capo di ogni dipartimento di ricerca vi è uno scienziato, parente stretto dei consiglieri di Europa Universalis, da scegliere accuratamente in base ai suoi tratti particolari, tratti che – come nella tradizione Paradox – segnano indelebilmente tutti i personaggi presenti in Stellaris, dagli ammiragli delle astronavi militari, fino al capo fazione. Quest’ultima figura ci ha però lasciato un retrogusto amaro in bocca perché, anche nelle monarchie spaziali, non si ha mai la reale idea di avere a che fare con una dinastia, ed i leader si sostituiscono semplicemente con un click. Spendiamo infine qualche semplice parola sulla componente bellica di Stellaris, dove sono poche le reale novità, ad esclusione della già citata personalizzazione delle proprie truppe: non aspettatevi quindi di gestire in maniera diretta le unità durante gli scontri, che avvengono in maniera automatizzata, ma che sono stati resi molto più spettacolari dal punto di vista visivo, grazie al coinvolgimento simultaneo di decine e decine di astronavi.
In compagnia fra le stelle
“Make Space Great Again“. Questo è il motto ideato in quel di Stoccolma per Stellaris, motto che si addice alla perfezione se si guarda la componente online, dove le partite possono arrivare ad ospitare fino a 32 giocatori contemporaneamente. In realtà, questa cifra indica più che altro un potenziale: infatti, già Europa Universalis IV si vantava della stessa capacità ma, chiunque abbia testato il suo multiplayer, sa bene che quando sei o sette giocatori si trovano allo stesso tempo sulla medesima mappa, il lag diventa piuttosto insostenibile. Insomma, qualche dubbio attorno al netcode permane anche per Stellaris. Concludiamo la nostra analisi di Stellaris dando un’occhiata al comparto grafico ed audio. Del primo c’è ben poco da dire, dato che le caratteristiche del motore di gioco proprietario di Paradox le conosciamo tutti quanti: pur non brillando per dettagli e particolari, Stellaris restituisce un ottimo colpo d’occhio, soprattutto per quel che riguarda i pianeti e gli astri, ricostruiti in maniera encomiabile. Qualche parola in più va invece spesa per la colonna sonora, composta da Andreas Waldetoft, conosciuto anche con lo pseudonimo di Jazzhole. Il musicista ha dichiarato che per questo lavoro si è ispirato alle tipiche tonalità degli anni ’80, specie quelle di Mike Oldfield e di Vangelis, e possiamo dire che mai scelta fu più azzeccata, perché le tonalità synth pop si sposano alla perfezione con l’atmosfera di Stellaris ed immergono ancora di più il giocatore nell’esplorazione dello spazio più profondo.
HARDWARE
Requisiti Minimi:– Sistema operativo: Windows 7 x86 or newer – Processore: AMD Athlon II X4 640 @ 3.0 Ghz / or Intel Core 2 Quad 9400 @ 2.66 Ghz – Memoria: 2 GB di RAM – Scheda video: AMD HD 5770 / or Nvidia GTX 460, with 1024MB VRAM. Latest available WHQL drivers from both manufacturers. – DirectX: Versione 9.0c – Rete: Connessione Internet a banda larga – Memoria: 4 GB di spazio disponibile – Scheda audio: Direct X 9.0c- compatible sound card
Requisiti Consigliati – Sistema operativo: Windows 7 x64 or newer – Processore: AMD Phenom II X4 850 @ 3.3 Ghz or Intel i3 2100 @ 3.1 Ghz – Memoria: 4 GB di RAM – Scheda video: AMD HD 6850 / or Nvidia GTX 560TI, with 1024MB VRAM – DirectX: Versione 9.0c – Memoria: 4 GB di spazio disponibile – Scheda audio: DirectX 9.0c-compatible sound card
– Ogni singolo aspetto può essere modificato
– L’esplorazione dello spazio è una esperienza affascinante
– L’inedito setting spaziale è perfettamente riuscito
– La solita profondità dei giochi Paradox…
– … Anche se i fan di vecchia data potrebbero dissentire
– Meno opzioni diplomatiche rispetto ad altri titoli Paradox
– La generazione procedurale sa essere crudele
8.5
Di dubbi non è che ce ne fossero molti, la professionalità ed il talento degli sviluppatori Paradox è cosa nota, ma il netto cambio di setting, da uno dei vari periodi storici a cui ci ha abituato la software house, ad una inedita ambientazione nello spazio poteva far nascere qualche quesito. Dopo varie ore passate nello spazio, possiamo dire che ogni quesito è stato risolto, che Stellaris viene promosso praticamente a pieni voti e che il genere dei grand strategy ha trovato aria fresca con questa nuova produzione. L’unico appunto potrebbe essere fatto dai nostalgici dei primi titoli Paradox, che potrebbero ravvisare in Stellaris qualche semplificazione di troppo.