Sono orgoglioso di Steel Division: Normandy ‘44, proprio a livello personale. Di wargame ne ho giocati tanti, ma sempre sapendo di dover scendere a compromessi e così, per avere una profondità strategica degna di questo nome, ho chiuso gli occhi davanti lunghi “spiegoni” indispensabili solo per capire come muovere una unità e ho speso ore per imparare a memoria centinaia di statistiche racchiuse in interfacce a 800x600p, il tutto per veder sullo schermo principalmente icone stilizzate di carri e fanti. Steel Division – tagliamo corto sul titolo per amor di sintesi – è diverso: lo strategico in tempo reale ambientato sulle coste settentrionali della Francia all’alba del D-Day accompagna l’accurata ricostruzione storica e un elevato tasso simulativo con una grafica appagante e uno stile unico e pulito, senza la necessità di perdere tempo e pazienza in infiniti menù e tabelle. Steel Division è la perfetta fusione tra la scuola di Eugen System – team francese alle spalle dei vari R.U.S.E e della serie Wargame – e la linea filosofica di Paradox Interactive, da qualche anno non più solo la software house capace di dare alla luce i migliori grand strategy in circolazione, ma anche publisher di molti altri titoli fra cui, appunto, Steel Division.
Uno sbarco complicato
Sono orgoglioso di Steel Division, e questo ve l’ho già detto, ma la verità è che per le prime 4 o 5 ore ho profondamente odiato l’opera di Eugen System, semplicemente perché non ero pronto a un tale livello di complessità e di realismo. Ho speso decine e decine di ore sui campi di battaglia dei due Company of Heroes, ma Steel Division porta la strategia, la tattica e l’ambientazione della Seconda Guerra Mondiale ad un altro livello. Lo standard qualitativo è innanzitutto ravvisabile nelle mappe di gioco, ricostruite in modo fedele utilizzando il materiale fotografico raccolto dalla Royal Air France: gli ambienti sono una complessa e enorme scacchiera fatta da interminabili fila di siepi e filari, proprio quelle che rallentarono l’Operazione Epsom nell’estate del ‘44, di lunghe strade principali da cui si dipana un fitto reticolo di percorsi secondari, ogni tanto interrotti da qualche villaggio fatto da case oramai semi-distrutte e fattorie. Lo scenario di gioco è uno dei protagonisti principali di Steel Division e sapere leggere a proprio favore gli elementi naturali e artificiali è l’unica chiave per la vittoria: lo spostamento delle unità avviene in modo lento e calcolato, anche per le più rapide truppe di ricognizione; gli spazi da coprire sono molto estesi in una mappa ricca di dettagli e variabili strategiche, su cui sono sparsi punti perfetti per tendere delle imboscate e in cui nascondere le mitraglie M1917 HMG; pianure aperte dove piazzare i lunghi M5 per rallentare l’avanzata dei carri avversari o, ancora, piccoli campi chiusi dai filari, luoghi ideali per tenere nascosti i mortai con cui abbattere la resistenza dei mezzi corazzati nemici. I campi visivi delle unità giocano un ruolo fondamentale in questi spazi stretti e frastagliati e con la pressione del tasto “C” vengono visualizzate le singole linee di tiro, indizi indispensabili per un corretto piazzamento. Un lungo rettilineo è il luogo ideale per l’artiglieria anti-carro, ma è anche una trappola priva di coperture e va dunque difesa con postazioni fisse di mitragliatrici, a loro volta accompagnate da un generale in grado di mantenere saldo il morale ed evitare così un ritirata affrettata: Steel Division è un vero orgasmo per i generali da mouse e tastiera, fatto di continue mosse e contromosse. Il tocco di classe è però l’utilizzo alternativo della classica nebbia di guerra, a cui si sostituisce una linea del fronte dinamica e in continuo movimento: i colori blu e rosso funzionano perfettamente e rendono immediata la comprensione di quanto controllo si ha sulla mappa e soprattutto verso che area il nemico sta concentrando la propria offensiva, senza però svelare nei dettagli quali siano le truppe coinvolte nell’attacco, magari una singola unità di fanteria mandata avanti per occupare una casa, oppure un’intera divisione di Panzer. Qui entra in gioco l’abilità del giocatore, che deve essere bravo a sfruttare le truppe di ricognizione per tramutare le situazioni all’apparenza senza uscita per mettere in piedi una controffensiva da cui ripartire, ad esempio tagliando fuori il fronte nemico aggirandolo alle spalle per impedire così il rifornimento delle munizioni trasportate dai camion di supporto. La mappa di gioco trasmette un profondo senso di immedesimazione, le soddisfazioni non sono poche quando un piano messo in piedi con tanta cura va a buon fine, anche perché non esiste una pausa tattica, tutto avviene in tempo reale e dunque non c’è mai il tempo per sedersi e ragionare con calma su quale punto attaccare o quali truppe impiegare per contenere l’avanzata del fronte opposto.
Un lungo e continuo tutorial
Steel Division ha una curva di apprendimento molto ripida, sa essere tremendamente punitivo e un veterano può avere la meglio su un novizio in pochi minuti. Il tutorial è quindi il punto di partenza obbligatorio e, diviso in otto brevi mini-missioni, spiega i movimenti base delle truppe, come sfruttare le peculiarità degli scenari, le coperture, ma soprattutto come comporre il proprio “Battlegroup” prima della partita e la divisione di quest’ultima nelle tre fasi di gioco. Steel Division è un RTS molto peculiare, completamente incentrato sulla strategia pura e dura in cui non sono presenti né la raccolta delle risorse né la costruzione di alcuna base o edificio. Le unità con cui viene affrontata la partita sono decise prima del suo avvio, tramite un sistema di carte e mazzi: il meccanismo è molto semplice ed è basato sul drag&drop ma, proprio come ogni cosa in Steel Division, anche questa fase è una perfetta sintesi tra immediatezza e profondità strategica, perché occorrono molte partite prima di prendere confidenza con l’uso e l’impiego della fanteria, dei carri, degli aerei e dell’artiglieria, categorie in cui le truppe sono state suddivise. Come se non bastasse, esistono ben 18 divisioni in Steel Division, ognuna con le sue caratteristiche e peculiarità, anche se, fra le 400 singole unità, ne spicca qualcuna per ora troppo avvantaggiata e su cui nel tempo occorrerà tornare per effettuare dei piccoli bilanciamenti. Ogni giocatore ha il completo controllo sulla composizione dell’esercito, che può modificare in base alle proprie preferenze tattiche e a seconda della mappa: ad esempio, se si opta per una strategia offensiva, i carri sono di certo l’unità da cui partire mentre; se si preferisce una manovra contenitiva, il giusto mix di artiglieria e mitraglie pesanti è un baluardo contro cui è difficile avanzare. La scelta del mazzo è poi legata a doppio filo con lo svolgimento della partita: quest’ultima è suddivisa in tre fasi – chiamate banalmente A-B-C – contraddistinte per la differente crescita automatica dei punti risorse e soprattutto per le truppe da impiegare. Nei momenti iniziali, il campo di battaglia è occupato soprattutto dalle jeep di ricognizione, dalla fanteria e da qualche pezzo artiglieria, supportato da carri leggeri e tecnologicamente arretrati, fino ad arrivare alle fasi finali, in cui la situazione può essere totalmente capovolta con l’entrata in gioco delle impenetrabili corazze dei Panther A, dei cannoni a lungo raggio degli Hummel e della pioggia di fuoco lanciata dai mastodontici JU 88S. Non esistono limitazioni per i mazzi e questo vuol dire che un giocatore può decidere di impiegare solo truppe da utilizzare nei primi minuti di gioco, puntando tutto sulla quantità e adottando una tattica capace di dare concreti vantaggi iniziali, che però potenzialmente potrebbero svanire nel finale, quando i mezzi per contrastare un nemico tecnologicamente più avanzato scarseggeranno.
In compagnia è meglio
Steel Division non è un titolo che accoglie il giocatore a braccia aperte. Il tutorial non va oltre il primo strato e per farsi le ossa occorre passare attraverso la campagna in single player che, purtroppo, senza troppi giri da parole, è il punto debole del lavoro di Eugen System, arrivata di corsa dopo molti mesi di accesso anticipato. L’esperienza in singolo è divisa in tre campagne dalla difficoltà crescente, divise a loro volta in quattro missioni e ognuna di esse segue le vicende di alcune divisioni che storicamente hanno preso parte al conflitto nel nord della Francia. Due sono dedicate all’avanzata dell’esercito alleato, mentre la terza vede il giocatore alla testa della 21esima divisione Panzer dell’Asse. L’affascinante setting storico rimane in buona parte incompiuto ed è sfruttato in modo superficiale, ogni campagna è introdotta da un breve filmato ricostruito con immagini d’epoca e decisamente evocativo, che però lascia in fretta spazio ad una voce robotica e sgraziata che su una mappa digitalizzata spiega gli obiettivi della missione. A differenza dei Company of Heroes, Steel Division non cerca di creare un legame empatico tra il giocatore e il disperato tentativo di sopravvivenza dei soldati, con le loro debolezze umane, finiti in un inferno di fuoco e piombo. Il problema delle campagne non è solo la copertina, ma è proprio la struttura delle singole missioni ad evidenziare le maggiori incertezze, soprattutto per la presenza costante e ossessiva del fattore tempo, che obbliga il giocatore a portare a termine ogni obiettivo primario e secondario entro un certo quantitativo di minuti. A causa dell’elevato tasso di difficoltà – che non può essere modificato in alcun modo – il ticchettio incessante delle lancette digitali è una spada di Damocle che pende in modo sempre più instabile, soprattutto sul capo dell’utente meno avvezzo. Questo non vuol dire che portare a termine le campagne sia un’impresa impossibile, anche perché ogni missione dura circa trenta minuti e l’azione può essere velocizzata: fate una semplice moltiplicazione e capirete come l’esperienza in singolo si esaurisca in poche ore. Esiste inoltre la classica modalità schermaglia, ottimo test nel quale affrontare un’IA ostica e aggressiva, ma soprattutto via obbligatoria prima del multiplayer. La componente online è il vero fulcro di Steel Division, dove dar fondo alle proprie abilità tattiche e strategiche: dalla macrogestione dell’intero esercito, fino al micro, muovendo magari il fuoco di copertura di una Browning M2 per supportare l’avanzamento di un alleato in carne ed ossa alla conquista del ponte che taglia in due la mappa denominata Pegasus Bridge. Anche il multiplayer ha però qualche punto debole, soprattutto per quel che riguarda le due sole modalità di gioco: la vittoria è infatti collegata o alla distruzione delle unità nemiche oppure alla conquista della porzione maggiore di territorio. Purtroppo, nessuna delle due esperienze è priva di pecche: ad esempio, soprattutto giocando 1vs1, l’occupazione del territorio può avvenire spostando in larghezza molte unità rapide e leggere, senza il bisogno di ingaggiare uno scontro; viceversa, la distruzione del maggior numero di unità nemiche espone il fianco ad evidenti tattiche a testuggine, con l’ausilio di alcuni pezzi di artiglieria attualmente troppo efficaci, in grado di abbattere il morale altrui con un semplice colpo sparato nelle vicinanze. Inoltre, quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello, le imponenti battaglie 10vs10, si è al contrario rivelato il festival del caos e, soprattutto, del lag.
Teatri di guerra
Dal punto di vista grafico, Steel Division non lascia molto spazio alle critiche. Come detto, le mappe sono ricche di dettagli, ricostruite fin nel più piccolo dei particolari ed impreziosite da alcune finezze, come le foto ingiallite che appaiono sul tavolo quando la telecamera raggiunge la massima altezza. Anche i mezzi e le truppe sono degne di nota e riproducono fedelmente quelle che hanno calcato le insanguinate regioni settentrionali della Francia. Steel Division è un wargame profondo e complesso, ma è anche un prodotto moderno e dotato di una veste contemporanea e appagante, in grado di catturare l’attenzione anche di quei giocatori che si sono tenuti finora lontano dal genere, frenati magari da un comparto grafico spesso arretrato e poco amichevole. L’ottimo lavoro svolto dal team è inoltre evidenziato dalle tante opzioni grafiche messe a disposizione, che vanno dalla qualità delle texture a quelle del terreno e delle ombre, passando per una molteplicità di effetti, come l’occlusione ambientale, il motion blur e un sistema di illuminazione dinamico. Steel Division spicca inoltre per la sua estrema scalabilità, visto che per quasi tutte le opzioni esistono cinque livelli di dettaglio, dal molto basso al molto alto. La componente audio purtroppo non presenta lo stesso standard realizzativo e, oltre al già citato carente voice acting, anche gli effetti sonori non spiccano, ogni tanto saltano e alle volte spariscono misteriosamente.
Hardware:
Requisiti minimi:
– Sistema operativo: 64-bit Windows 10 / 8.1 / 7 with Service Pack 1
– Processore: Intel Core i3-2100 (3.1 GHz) or equivalent
– Memoria: 3 GB di RAM
– Scheda video: 1 GB AMD 5570 or nVidia 450
– DirectX: Versione 11
– Rete: Connessione Internet a banda larga
– Memoria: 32 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: DirectX Compatible Sound Card
Requisiti consigliati:
– Sistema operativo: 64-bit Windows 10 / 8.1 / 7 with Service Pack 1
– Processore: Intel i5-2300 or equivalent
– Memoria: 4 GB di RAM
– Scheda video: 2GB AMD 7970 or nVidia 770 or greater
– DirectX: Versione 11
– Rete: Connessione Internet a banda larga
– Memoria: 32 GB di spazio disponibile
– Scheda audio: DirectX Compatible Sound Card
– Mappe vaste e ricche di spunti
– Utilizzo alternativo della nebbia di guerra
– Tante unità ben diversificate
– Riesce a simulare le condizioni tattico-strategiche della WWII
– Graficamente più che valido
– Occorre qualche bilanciamento
– Esperienza in singolo povera
– Comparto audio sottotono
Steel Division: Normandy ‘44 è uno spaccato di storia militare, un wargame duro e puro capace di mettere alle strette anche i generali virtuali più navigati e di far rivivere i drammatici giorni successivi al D-Day, in battaglie su larga scala ambientate in scenari ricchi e storicamente ricostruiti, dove l’abilità del giocatore conta in ogni singolo frangente. La curva di apprendimento non è certo fra le più morbide e prendere confidenza con tutte le meccaniche di gioco richiede pazienza e attenzione, fatiche che però Steel Division sa ripagare con ore di sana e valida strategia. L’attenzione posta da Eugen System sull’impianto strategico non è però stata applicata in maniera impeccabile in tutte le modalità di gioco e, se il multiplayer vale da solo il prezzo del biglietto, purtroppo, per gli amanti del singolo, l’offerta non è altrettanto appagante e ben implementata.