Data di uscita: 21 ottobre 2016 (PC), 16 novembre 2018 (Switch), 22 novembre 2019 (PS4, Xbox One)
Affascinante il percorso che ha portato l’uomo dalle caverne fino allo spazio, che ha permesso a Pietro il Grande di costruire il Colosseo, che ha condotto Filippo II alla scoperta della elettricità e che ha causato la terribile guerra nucleare fra Traiano e Saladino. No, non stiamo parlando di quello che avete imparato sui banchi di scuola, ma della Storia secondo Firaxis e come da oramai più di venti anni ce la insegna Civilization, forse la più iconica saga strategica 4X, un titolo da sempre sinonimo di PC gaming e conosciuto per la sua sindrome: “Dai, ancora un ultimo turno”. Riuscire a rinnovare un genere storico come quello dei 4x, togliere quel retrogusto di amaro che avevano lasciato il quinto capitolo e lo spin-off Beyond Earth e creare dei nuovi standard, sia in senso estetico che in termini di meccaniche, erano le principali sfide di Sid Meier’s Civilization VI e, se già nella corposa anteprima eravamo colpiti dai passi in avanti evidenziati dal nuovo corso intrapreso da Firaxis, con il titolo completo a nostra disposizione possiamo affermare che quello che abbiamo avuto per le mani nelle molte ore necessarie per stendere questa recensione è forse la migliore iterazione della serie.
Le novità non sono poche
Civilization non è certo un gioco che ha bisogno di molte presentazioni, ma per chi non lo conoscesse, lo strategico a turni ridisegna la storia del genere umano, dall’età della pietra fino alla conquista dello spazio, e lo fa mettendo in scena i grandi personaggi del passato, da Pericle a Cleopatra, da Caterina de’ Medici a Federico Barbarossa. Già nel primo approccio con Civilization VI eravamo rimasti colpiti dalle molte novità proposte dal nuovo capitolo e avevamo espresso molta fiducia in merito ad un ritmo di gioco più sostenuto grazie allo snellimento di molte meccaniche, senza che il titolo ne risentisse in semplificazione. La principale novità che salta subito all’occhio è l’introduzione dei distretti, che vanno a modificare pesantemente la gestione delle città e degli esagoni che la circondano: nel passato, soprattutto nelle fasi intermedie e finali delle partite, diveniva piuttosto ripetitivo e poco stimolante il continuo processo di acquisizione di nuovi terreni e la successiva costruzione di una caserma, di un teatro o di un laboratorio. I distretti prevengono questa espansione a scacchiera, una volta installati essi vanno a specializzare l’esagono in questione verso lo sviluppo scientifico, culturale, militare, religioso o commerciale e, in base alla strada prescelta, solo alcune tipologie di miglioramenti e di nuovi edifici possono essere insediati nella casella. In tal modo, ad esempio una zona specializzata culturalmente andrà ad ospitare anfiteatri, musei o centri di radiodiffusione, mentre su un singolo esagono dedicato ai luoghi di culto andranno a sovrapporsi templi, mausolei e cattedrali. Sempre con la mente ricolta verso una maggiore contrazione dei tempi morti, anche l’utilizzo delle unità come costruttori, apostoli, missionari o, ancora, archeologi è stato profondamente rivisto: i precedenti Civilization erano tutti caratterizzati da un certo quantitativo di turni da attendere prima che un lavoro venisse portato a termine, mentre ora queste fasi passive sono state praticamente eliminate e così le miniere, le fattorie o il recupero dei reperti archeologici vengono terminati in un batter di click. Il rovescio della medaglia è un numero limitato di azioni che tali unità possono eseguire, ad esempio tre per i costruttori, due per gli apostoli o, ancora, quattro per gli archeologi. Sempre rimanendo in termini di unità, ora alcune di esse sono in grado di agganciarsi l’una con l’altra – come quelle militari ed i costruttori – oppure di fondersi per aumentare il potenziale offensivo. Questa trovata permette un risparmio non indifferente di click, rende i ritmi di Civilization VI ancora una volta più sostenuti ma soprattutto evita che dei costruttori diventino facili prede per i vostri nemici se scorati da dei cavalieri. Una delle meccaniche più noiose del passato, la costruzione delle strade e dei collegamenti fra le città, è stata del tutto cancellata e ora le vie di comunicazione sorgono spontaneamente nel momento in cui nascono delle rotte e si instaurano degli scambi commerciali fra le varie fazioni. Le criticità pregresse risolte non si fermano qui: con Civilization V, i ragazzi di Firaxis erano stati principalmente criticati per aver snellito in modo eccessivo il titolo, lasciando da parte almeno inizialmente meccaniche come il turismo, la religione o lo spionaggio, elementi inseriti solo in un secondo momento grazie ai due dlc Gods & Kings e Brave New World. Col sesto capitolo si assiste viceversa al gradito ritorno sia della religione che del turismo, a cui sono stati associate anche due modalità di vittoria: abbiamo così assistito a scene piuttosto bizzarre, come il proliferare di profeti e apostoli tedeschi che cercano di convertire qualsiasi insediamento o di territori controllati dalla Russia dove spuntano come funghi teatri, musei e meraviglie, tutte attrattive in grado di portare masse di turisti nelle città. Anche lo spionaggio funziona alla grande ed avere a disposizione una fitta rete di loschi individui da infiltrare nei possedimenti altrui si rivela un modo intelligente per rubare degli introiti, ottenere informazioni sui movimenti o, ancora, per sottrarre delle grandi opere dai teatri o musei. Tutti questi pregi erano già stati sottolineati in sede di anteprima, ma con il codice al completo e con molte ore di gioco in più sulle spalle, Civilization VI si è dimostrato un gioco con una profondità ed una complessità che in un primo momento possono passare inosservate, un titolo dove ogni singolo elemento è collegato con gli altri, dove ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro, dove ogni decisione va presa studiando tutto ciò che circonda le città e che sicuramente avrà delle ricadute su di esse. Nel nuovo lavoro di Firaxis la mappa assume ancora maggiore rilevanza nello sviluppo degli insediamenti, soprattutto nell’end game, dove una richiesta sempre maggiore di spazio per i cittadini costringe a scelte drastiche: sacrificare un’armeria per sopperire al bisogno di nuovi spazi abitativi o dar luogo ad una sanguinosa guerra solo per qualche casella in più, magari proprio quella dove risiede la risorsa necessaria per colonizzare un pianeta alieno ed arrivare così alla vittoria? Civilization VI è un titolo che non mette la soluzione immediatamente sotto il naso del giocatore e spesso non c’è una strada da percorre in modo indolore, senza che sia necessario fare dei sacrifici e scendere a dei compromessi: le zone grigie sono molte e questo è quello che ci ha più convinto di Civilization VI. L’introduzione dei distretti non ha solo modificano radicalmente la pianificazione delle città ma ha avuto anche pesanti ricadute anche sul modo di condurre una guerra; la triste attualità ce lo mostra ogni giorno e Civilization VI ci ricorda che colpire direttamente la capitale di una nazione non sempre è la mossa più saggia, ma che fiaccare i nemici depredando le risorse, radendo al suolo biblioteche, teatri e luoghi di culto è alle volte molto più utile, non tanto per espandere i propri confini, quanto piuttosto per firmare una sanguinosa pace dopo aver guadagnato introiti derivanti dal saccheggio ed essersi assicurati preziosi vantaggi per una futura vittoria culturale o scientifica.
Dalla pietra alle urne
L’evoluzione dell’uomo è costellata da invenzioni, ricerche, nuove ideologie e progressi e sociali: in Civilization VI,accanto al classico albero delle tecnologie dove scoprirela ruota, la fusione del rame, la fissione nucleare o il lancio di razzi lunari, fa ora la sua apparizione l’inedito albero dei progressi civicinel quale sono racchiuse le scoperte in campo economico e civili egrazie al quale la politica ha trovato nuova linfa vitale. Partendo dalle forme più semplici, gli stati vivono le diverse esperienze storiche, diventando di volta in volta delle repubbliche classiche, delle monarchie ed infine delle democrazie, usufruendo di specifici bonus legati a tali momenti politici. La vera novità è che in Civilization VI ciascuna forma di governo è caratterizzata inoltre da vari slot, nei quali trascinare le politiche che mano a mano diventano disponibili mentre si avanza nell’albero dei progressi civici. Questi bonus, non solo si rivelano dei preziosi alleati nella corsa verso la vittoria, ma plasmano fino alla radice la fazione e sprecarli spargendoli un po’ fra la cultura, un po’ fra la scienza o la religione è una scelta controproducente, così come lo è sbloccare nuove tecnologie a macchia di leopardo senza un fine preciso. Anche la scoperta di nuove idee e tecniche ha subito, come molte altre parti del gioco, delle accelerazioni: grazie al sistema chiamato Eureka, compiendo particolari azioni, come costruire tre armerie o scavare tre miniere, si accorciano di molto i turni necessari per arrivare alla tecnologia desiderata. Questa meccanica non solo velocizza i ritmi di Civilization VI, ma lega ancora di più lo sviluppo urbano alla evoluzione della civiltà, due aspetti che devono per forza avanzare in sintonia per non rimanere indietro nella gara contro le altre fazioni. L’albero dei progressi civici ha inoltre reinventato i rapporti diplomatici, resi molto più dinamici e variabili in Civilization VI, dove si ha la vera sensazione di vivere a braccetto con gli altri leader ogni singola fase dell’evoluzione umana. Così, se nelle prime fasi i rapporti sono limitati alla semplice dichiarazione di amicizia o di una guerra immotivata, proprio come nella realtà, i pretesti per gli scontri bellici aumentano a dismisura con il passare degli anni, la scusa può essere la divergenza religiosa o il colonialismo, gli incontri informali lasciano spazio alle ambascerie permanenti ed il gioco dei compromessi si fa mano a mano più intricato con collaborazioni per programmi spaziali messe in dubbio a causa di una spia infiltrata e scoperta da un alleato dentro le proprie mura. Al netto dei numerosi miglioramenti, l’articolazione e la profondità del lato diplomatico di Civilization VI risulta però ancora un gradino inferiore rispetto a quanto abbiamo potuto apprezzare nelle produzioni targate Paradox Interactive, in grado di dare alle relazioni estere un ruolo primario all’interno dei suoi titoli. Il primo incontro con Civilization VI ci aveva lasciato con alcuni punti interrogativi in merito al comportamento dell’IA, che alle volte pareva comportarsi in modo illogico, che la portava a schierarsi contro di noi senza una precisa ragione e che soprattutto non pareva in grado di portare fino in fondo un’offensiva militare. Il primo dubbio è stato completamente fugato ed anzi, i leader guidati dal computer seguono una linea ben precisa, determinata dalla loro agenda, un insieme di tratti che porta questi ultimi ad apprezzare o al contrario odiare un certo tipo di comportamento. Nella nostra partita principale non sono stati ad esempio pochi i contrasti con Cleopatra: la Regina del Nilo disprezzava infatti le nazioni con un esercito debole, proprio come il nostro, dato che stavamo cercando di arrivare alla vittoria attraverso la cultura. Grazie alle agende non c’è più spazio quindi per tradimenti immotivati o per cambi repentini di schieramenti, ma non tutto è così chiaro sin da principio: bisogna infatti tessere contatti, spiare e dialogare frequentemente con i vari leader per venire a conoscenza dei loro progetti e così decidere se assecondarli o farseli nemici fino alla morte. In termini prettamente numerici, Civilization VI mette a disposizione venti leader per diciannove fazioni – i greci ne hanno due – ognuna delle quali ha a disposizione peculiari unità ed edifici, così come bonus e vantaggi legati al loro background storico: ad esempio gli inglesi sono di molto avvantaggiati nei ritrovamenti archeologici grazie al tratto British Museum, mentre i romani, grazie al fatto che tutte le strade portano a Roma hanno dei bonus legati al commercio. Le lacune in merito alla pianificazione bellica non paiono invece del tutto sanate: come già detto, nella nostra campagna non abbiamo volutamente creato un esercito degno di questo nome ma, nonostante l’evidente inferiorità numerica siamo sempre stati in grado di respingere ogni attacco, non tanto per via di brillanti trovate, ma perché dopo aver abbattuto un paio di fanti e respinto una bombarda, il computer semplicemente preferiva firmare una pace in realtà per lui svantaggiosa. Inoltre, nelle fasi finali della campagna, i territori di Pietro il Grande brulicavano di arretrati spadaccini o di arieti mai potenziati, mentre tutte le altre civiltà avevano dalla loro parte jet, bombardieri o elicotteri. Qualche perplessità sull’intelligenza artificiale permane inoltre in merito alle città stato: i rapporti con queste ultime sono stati resi ora più chiari e le alleanze vengono determinate semplicemente tramite l’invio degli ambasciatori, ma i loro comportamenti sono però spesso auto-penalizzanti, non badano minimamente a garantirsi delle difese contro le inevitabili aggressioni delle potenze ed anzi, anche solo dei piccoli contingenti di barbari sono in grado di procurare parecchi danni ai loro territori. Proprio i barbari si rivelano, specie nelle primissime fasi, la principale spina nel fianco e dimostrano un’aggressività degna del loro nome e se non vengono tenuti a bada possono rivelarsi anche con l’avanzare dei turni molto più di un semplice fastidio, capaci di piazzar una roccaforte proprio nel bel mezzo di una rotta commerciale per saccheggiarla di continuo.
La Storia sotto gli occhi
Quando venne annunciato, Civilization VI attirò su di sé non poche critiche per il suo nuovo aspetto visivo, molto più vicino a quello di un cartoon che non alla realtà come nei precedenti capitoli. Le accuse di una eccessiva similitudine fra la creatura di Firaxis ed un titolo mobile erano piovute immediate, ma ammirando il lavoro fatto con Civilization VI ci chiediamo sotto quali tipi di sostanze allucinogene siano state rilasciate tali affermazioni. Il titolo è l’esempio più lampante di come anche uno strategico 4x possa essere vivo e dinamico, ogni singola casella è uno spettacolo per gli occhi ed un manifesto della cura riposta da Firaxis verso anche il minimo dettaglio. Se si guarda all’interno di un distretto volto al divertimento si notano gli stadi con i led luminosi in continuo cambiamento o il girare su sé stessa di una giostra con i cavalli, mentre nella casella di fianco un mulino giro sospinto dalla leggera corrente di un fiume. È davvero difficile trovare un particolare fuori posizione: le gru in legno e le pesanti pietre che vengono spostate per costruire un’antica biblioteca diventano scintille e assi d’acciaio trasportate per dar vita ad una base spaziale, ogni singolo insediamento è in continua mutazione e mai uguale a quello che gli sta accanto. Anche il character design e le animazioni dei singoli leader riescono a trasmettere in modo genuino la loro natura, dura e rigida nel caso di Federico Barbarossa con il suo accento teutonico, solenne nel latino antico di Traiano. Fidatevi quando vi diciamo di aver provato un’antipatia reale nei confronti della subdola Caterina de’ Medici e dei suoi continui intrighi. Solo qualche leader appare meno ispirato, come ad esempio Tomiri – leader degli Scizi o Qin Shi Huang. La componente audio non è poi certamente da meno, anzi. Anche a distanza di oltre dieci anni, Baba Yetu, la traccia composta da Christopher Tin per Civilization IV, rimane ancora indelebilmente impressa nella mente di chi ha speso ore e ore sul titolo, ma il compositore americano è riuscito a superare sé stesso, creando per il sesto capitolo la main theme “Sogno di Volare”, un vero e proprio capolavoro da ascoltare in loop mentre di gioca a Civilization VI. L’opera suonata dalla Royal Philharmonic Orchestra e cantata dall’Angel City Chorale nella Cadogan Hall di London emoziona e scalda le corde del cuore, riesce a ricreare in ogni nota l’incredibile viaggio dell’uomo, ogni gradino fatto dalla nostra civiltà, tutti gli incredibili sforzi che ci hanno condotto dove ora siamo. Oltre a Sogno di Volare, tutte le altre tracce contribuiscono ad elevare Civilization VI come uno dei migliori giochi da ascoltare, ogni fazione possiede un motivo principale che si evolve e si articola strumentalmente nelle epoche, ma le note si fanno più sfumate, si confondono e si mischiano quando si incontrano altre civiltà, dando vita ad un’articolata soundtrack, mai uguale in nessuna partita. Solo per citare alcuni nomi, la colonna sonora di Roma è stata ad esempio composta da Phill Boucher – composer per Uncharted 4 – e da Roland Rizzo, che nel passato ha contribuito a creare le musiche per XCOM – Enemy Unknown. Concludiamo infine dicendo che Sid Meier’s Civilization VI è totalmente tradotto in italiano, sia audio che testi, ma siamo felici che ciascun leader sia doppiato nella sua lingua originale e non con un accento sforzato e spesso tragicomico.
HARDWARE
Requisiti minimi:– Sistema operativo: Windows 7×64 / Windows 8.1×64 / Windows 10×64 – Processore: Intel Core i3 2.5 Ghz or AMD Phenom II 2.6 Ghz or greater – Memoria: 4 GB di RAM – Scheda video: 1 GB & AMD 5570 or nVidia 450 – DirectX: Versione 11 – Memoria: 12 GB di spazio disponibile – Scheda audio: DirectX Compatible Sound Device
Requisiti consigliati: – Sistema operativo: Windows 7×64 / Windows 8.1×64 / Windows 10×64 – Processore: Fourth Generation Intel Core i5 2.5 Ghz or AMD FX8350 4.0 Ghz or greater – Memoria: 8 GB di RAM – Scheda video: 2GB & AMD 7970 or nVidia 770 or greater – DirectX: Versione 11 – Memoria: 12 GB di spazio disponibile – Scheda audio: DirectX Compatible Sound Device
– Molte le novità rispetto al passato
– Artisticamente sublime
– Colonna sonora da brividi
– Molte meccaniche sono state velocizzate ma non semplificate
– Basterebbe dire che è Civilization
– IA non sempre brillantissima
– La diplomazia potrebbe essere ancora più profonda
– Causa serie dipendenze
9.0
Civilization VI è quello che volevamo: un degno erede della più celebre serie strategica, che non solo ripropone tutti i punti di forza tanto apprezzati dai fan, ma che riesce a migliorarsi in molti frangenti, grazie a introduzioni fresche, ben integrate tra di loro, in grado di velocizzare il gioco ma non per questo di renderlo più semplice. Al contrario, il sesto capitolo presenta un grado di articolazione decisamente elevato, tutti i punti del gameplay sono collegati e devono essere convogliati nelle direzione corretta per giungere alla vittoria. Qualche incertezza viene solo riscontrata in merito ad una IA sì coerente nelle sue scelte ma che non è quasi mai in grado di mettere il giocatore con le spalle al muro e da una diplomazia che ha ricevuto qualche miglioramento ma che è ancora seconda ad altre produzioni. Infine, il titolo sviluppato da Firaxis è un vero spettacolo per gli occhi e se dal punto di vista prettamente tecnico non può reggere il confronto con altri titoli moderni, artisticamente è secondo davvero a pochi, mentre per ciò che riguarda l’audio non è sicuramente dietro a nessuno.
Voto Recensione di Sid Meier's Civilization VI - Recensione