Recensione

ReCore

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a cura di Matteo Bussani

Sempre più spesso durante la recensione di un nuovo titolo, secondo una qualche tradizione manichea autoimposta dagli stessi giocatori, si cerca di promuovere o bocciare un nuovo gioco descrivendolo o completamente bianco o completamente nero. Sia chiaro questa non è una volontà di qualcuno, alla fine l’obiettivo di una recensione è dare un’idea più chiara al consumatore di quello che sarà il prodotto finito prima che abbia l’occasione di acquistarlo, in modo da valutarne o meno la validità. Insomma sempre un sì o un no, sempre una scelta definitiva che parte però da una varietà di elementi impressionante, l’estrema complessità del medium in primis per approdare alla tensione inevitabile dei gusti del recensore a preferire un genere piuttosto che un altro. Il risultato è che questa recensione è una delle più strane che abbia mai dovuto effettuare: ReCore mi è piaciuto, mi ha divertito e lo consiglierei a tutti gli amanti dei platform/sparatutto, ma solo a costo di chiudere spesso un occhio o forse due sulle mancanze evidenti, strutturali e tecniche che affliggono il titolo. Un’analisi oggettiva diventa poi ancora più difficile dati i diversi elementi da tenere in considerazione e da bilanciare nella maniera migliore per la valutazione complessiva del gioco: il prezzo budget di 39Euro da una parte, l’approdo per la prima volta alla struttura del Play Anywhere dall’altra, bug e problemini su PC e cali di frame rate su console.Ma cerchiamo di venire a capo di tutto, partendo dalle basi narrative di questa nuova IP targata Microsoft.

Un racconto moderno come tanti altriReCore, come tante altre produzioni attuali, decide di ambientare la sua storia nel più classico dei mondi post-apocalittici: terra in fase di deperimento, necessità di spostarsi su un altro pianeta e infine una fase di terraformazione per renderlo adatto alla vita umana. Ovviamente qualcosa va storto anzi, tutto va storto. Il processo, che sarebbe dovuto durare circa 200 anni, purtroppo viene a fermarsi per un guasto e quelli che dovevano essere i manutentori, pronti a sistemare il misfatto, non vengono risvegliati dal loro sonno profondo se non 96 anni più tardi. Joules Adam, figlia dello scienziato che aveva ideato la tecnologia che avrebbe permesso questo trasferimento, si ritrova così sola, accompagnata dal solo e fedele Mack, un nucleobot racchiusto per il momento in uno scheletro di cane, in un mondo che ha tutta l’aria tranne quella di essere stato terraformato. Sul perchè è lì, ci viene detto che, facente parte della divisione manutentiva della spedizione, fu lasciata sul pianeta all’interno di quello che in italiano viene chiamato, spazzasabbia, una specie di gigantesco veicolo in grado di muoversi per le dune sabbiose che caratterizzano la superficie di Far Eden, che per l’occasione ricorda una versione più ospitale, ma soprattutto dalle tinte più di quello che potrebbe essere Marte nel nostro immaginario collettivo. Sembra chiaro che l’obiettivo della storia sia riuscire a capire cosa ci sia dietro all’inaspettato disastro e venire a capo di questa situazione veramente drammatica.Purtroppo analizzando i personaggi del gioco, si può dire che essi, anche a causa delle animazioni un po’ legnose e il doppiaggio italiano non eccezionale, soprattutto in occasione delle cutscenes, non facciano passare nella maniera corretta tutta la portata tragica della vicenda, con dialoghi anche ben scritti, ma a quel punto scarsamente efficaci. I personaggi stessi perdono spessore e profondità, risultando eccessivamente logici e talvolta addirittura freddi. Questa inadeguatezza va a cozzare con una narrattiva in fin dei conti buona e raccontata in parte tramite le esperienze e le parole della protagonista e in parte dalla voce fuori campo del padre, che quasi come in un diario racconta il preludio degli eventi che parallelamente stanno accadendo a schermo. A questi si sommano una serie di registrazioni e note che vanno ad arricchire il background narrativo del titolo, che è molto più curato di quanto si voglia credere una volta completato il filone principale della storia, che parebbe appena sufficiente a giustificare lo svolgimento del gioco. Sebbene tutto prosegua con i tempi giustamente cadenzati, forse con una linearità fin troppo eccessiva, purtroppo verso la fine, la voglia di allungare il brodo viene e a galla e un espediente di gameplay mal riuscito rallenta il tutto e porta un titolo da circa sette ore a concludersi in otto e più. Per fortuna il gameplay che analizzeremo qua di seguito è sufficientemente divertente da non far annoiare il giocatore che, a quel punto sarà ancora per un po’ di tempo costretto a destreggiarsi in combattimenti e dungeon prima di giungere alla fine dell’avventura.

Tante sfacettature di un interessante gameplayLa struttura di ReCore è quella di uno sparatutto/platform con abbondanti elementi GDR, la cui mappa di gioco è divisa in grandi macro aree dedicate all’esplorazione, dalle quali è poi possibile accedere ai vari dungeon sparsi qua e là per il mondo di gioco. Per proseguire nella storia sarà necessario affrontare due tipi di situazioni, la prima prevede traversate e lotte all’interno delle grandi distese sabbiose, che presentano in determinate zone percorsi da superare o nemici in continuo respawn, oppure dei lunghi corridoi divisi inpiccole micro sezioni dedicate al combattimento, al superamento di sezioni platform, o alla ricerca di oggetti in grado di attivare i meccanismi atti a proseguire.Per superare le zone platform dovremo fare uso prima di tutto delle capacità di movimento di Joule, divisibili in salto e scatto entrambi combinabili a piacere, rese possibili dall’esoscheletro che indossa, e poi delle abilità dei diversi scheletri dei nuclebot: con alcuni ci si potrà arrampicare in zone altrimenti impossibili da raggiungere oppure planare per distanze considerevoli una volta arrivati a un’altezza sufficiente. I movimenti, pur accompagnati da animazioni non paragonabili alle produzioni più moderne e afflitti da una legnosità di fondo, riescono comunque ad essere immediati.Tutta la progressione si svolge per recuperare pezzi di ricambio e schemi utili a creare parti migliori per i nostri nuclebots una volta tornati al tavolo di lavoro dello spazzasabbia, e aumentare così le loro statistiche divise in attacco, difesa e energia. La prima e la seconda sono di ovvia comprensione, l’ultima invece è quella che, in parole povere, permette di avere un numero maggiore di attacchi letali disponibili. Questi sono colpi particolarmente potenti che possono essere sferrati una volta riempita la barra corrispondente, dipendono strettamente dal colore del nucleo e dallo scheletro utilizzato, combinandosi in un ventaglio di modalità davvero amprio. I nucleobots, fin qui citati, sono quelli che abbiamo visto nelle precedenti demo, Mack (blu), Seth (giallo), Duncan (rosso) e potranno essere inseriti nelle diverse strutture dello scheletro, le cui diversità sono dovute al compito che avrebbero dovuto avere nel processo di terraformazione, per un totale di cinque.

Un arcobaleno di proiettiliSi è parlato del colore del nucleo e delle varie mosse che vanno a diversificarsi a seconda del colore utilizzato, questo perchè una delle meccaniche principali di ReCore si basa per l’appunto su questo elemento. Il fucile di joule nel corso dell’avventura sarà dotato di elementi aggiuntivi chiamati amplificatori, che daranno all’arma la capacità di effettuare danni di un determinato colore. Ovviamente la funzionalità non è solo estetica perchè un danno eseguito con l’amplificatore di un colore o tramite un nucleobot dello stesso effettuerà un danno maggiorato ai nemici della cromia corrispondente. Il fucile di Joule sarà inoltre l’unico elemento livellabile dell’equipaggiamento della protagonista e salirà in seguito ai vari combattimenti. Anche i nucleobots saliranno di livello e oltre a essere potenziati con i vari pezzi, potranno accrescere le proprie statistiche, fondendo i nuclei estratti dai nemici. Durante i combattimenti potremo infatti decidere se esaurire la barra della vita nemica, oppure con un minimo di accortezza in più far scendere la vita sotto un determinato valore per poi far partire un quicktime event molto simile a un tiro alla fune, tra strattonate e rilasci della presa, il cui obiettivo principale sarà quello di entrare in possesso del nucleo nemico. Le due strade da percorrere non sono sostitutive fra loro, dato che la prima fornirà un buon numero di pezzi di ricambio e la seconda invece andrà a sopperire alla mancanza di nuclei, utili per potenziare i vari bots.

Una marea di nemici da combattereAffrontare i vari combattimenti, sarà in fin dei conti molto divertente anche se il livello di difficoltà, eccessivamente tarato verso il basso, non metterà mai il giocatore di fronte a una sfida realmente accattivante. In compenso tutte le variabili in battaglia tra movimenti, continuo cambio di colore e di nucleobot, così come il perfezionamento dietro le linee sempre dei nostri amici, renderanno gli scontri molto più affinati e godibili, facendoci riconoscere nella tempestività dei vari successi i meriti di aver preferito una combinazione piuttosto che l’altra o l’attacco giusto al momento giusto. Infatti i nemici, pur non offrendo una gamma molto variegata, sono molto ben caratterizzati e, abbinati a diversi colori del nucleo, compiranno attacchi completamente diversi, che dopo un po’ saremo in grado di riconoscere e leggere in anticipo. Alcuni poi sono dotati di un nucleo ibrido fra due colori, e varieranno da una tonalità all’altra, ma nel passaggio formeranno un altro colore tra verde, arancione e viola, e saranno vulnerabili a entrambi i tipi di danno da cui il colore si è formato. Altro caso ancora sono i mini boss e i boss veri e propri, che, in possesso dei nuclei prismatici, varieranno colore a cadenza regolare e si potrà sconfiggerli solo tramite estrazione dopo averli opportunamente danneggiati. Niente di nuovo sulla struttura di questi combattimenti che seguiranno gli stessi canoni visti finora, e non offriranno  nemmeno un livello di sfida particolarmente più elevato.

Come si prosegue nella storia?Durante l’avventura dovremo affrontare missioni principali e secondarie, le prime prevedono dei dungeon preparati ad hoc per l’occasione, mentre le altre hanno bene o male la stessa formula a contraddistinguerle. Oltre all’obiettivo base del completamento, parallelamente ne avremo altri opzionali, che se raggiunti sbloccheranno ricompense aggiuntive per il giocatore. Solitamente ce ne sarà uno relativo al tempo di completamento, un altro basato sul ritrovamento di un nucleo giallo e infine uno basato sull’attivazione degli otto interruttori presenti durante il percorso. Spesso se volessimo conquistare al 100% quanto il dungeon ha da offrire, saremo costretti ad affrontarlo più volte. Per prendere parte a una delle missioni sarà necessario essere in possesso di un numero definito di nuclei prismatici e aver raggiunto con Joule un determinato livello: una volta soddisfatte queste due caratteristiche si potrà prendere parte al tutto. Alcuni di questi dungeon saranno segnalati, mentre altri, con ricompense e guadagni migliori, starà a noi trovarli esplorando in lungo in largo la mappa. E’ da notrae come all’inizio la progressione dettata da primarie e secondarie utili a salire di livello e guadagnare i nuclei prismatici è tutto sommato bilanciata, mentre verso la fine, anche per un timore narrativo nel voler concludere anzitempo la storia, partirà una vera e propria caccia ai prismatici, rendendo molto di ciò che dovrebbe essere opzionale, di fatto, obbligatorio e quindi un po’ tedioso. Il gioco comunque, come si può aver intuito, ha molto da offrire e, una volta entrati in sintonia con tutte le meccaniche, è facile trovarsi a rigiocare i dungeon oppure a esplorare la mappa in cerca degli schemi più forti. Per spostarsi si dovrà fare tutto a piedi fino a che, nel nostro perigrinare, non giungeremo nei pressi di una stazione per il trasporto rapido, una volta sbloccata sarà raggiungibile dagli altri punti adibiti. In ogni caso, se dovessimo essere dispersi lontani da tutto e tutti, dal menù principale con la pressione del tasto Y saremo in men che non si dica di ritorno sullo spazzasabbia. Per quanto possa sembrare una velocizzazione notevole è meglio non farsi ingannare, perchè i caricamenti, soprattutto su console, sono tanto lunghi da far preferire il ritorno a un punto di trasporto direttamente a piedi.

Le due nature del titoloCome già anticipato nell’anteprima Gamescom di questo titolo, ci sono fondamentalmente due nature che vanno a comporre la struttura di ReCore, quella giapponese incarnata dai Comcept capitanati da Keiji Inafune e quella americana impersonata invece dagli Armature. Se gran parte delle meccaniche con la relativa parte pseudo-GDR, su cui si basa la personalizzazione dei nucleobots, esibiscono in maniera decisa il lato nipponico del gioco, ancora di più ciò è visibile nell’art-design: personaggi dettagliati fanno il paio a ambientazioni iconiche, ma appena abbozzate in termini di dettaglio tecnico. Joule e i nucleobots, per esempio, soprattutto su PC sfruttando appieno la potenza dell’HW e possono vantare un dettaglio invidiabile (non riscontrabile invece nelle animazioni, facciali e non). Le ambientazioni d’altro canto hanno texture poco definite e poligoni, soprattutto delle rocce, con numeri di mesh propri degli engine di una generazione fa, per fortuna però il risultato è complessivamente gradevole grazie a un’art design indubbiamente affascinante e agli accorgimenti nelle minuzie, come lo spostamento della sabbia sotto i nostri piedi.Le musiche, che ritroviamo principalmente durante i combattimenti, incitano la lotta e accompagnano con note epiche e maestose gli scontri. Durante l’esplorazione saremo invece cullati dai rumori che popolano l’atmosfera di far eden: il vento che soffia sulle dune, i rumori dei piloni che riprendono vita dopo anni di avaria. Il doppiaggio italiano accetabile durante la partita non si adegua per niente alle cutscenes e banalizza i personaggi senza garantire quella profondità emozionale che alcune situazioni avrebbero il potenziale di esprimere.

Giochi dappertuttoPrimo della serie Play Anywhere, questo titolo con un solo codice associato al proprio account Xbox, funziona sia su PC che su console, motivo per cui è necessario fare un distinguo nell’analisi tecnica. C’è da dire fin da subito che sia su console sia su PC il gioco regge. Regge, badate bene non vuol dire che giri alla perfezione, anzi, i problemi da entrambe le parti ci sono, ma in ogni caso, personalmente (sarò anche fortunato), non ho avuto nessun crash e nessun bug così grosso da rovinare l’esperienza del gioco. Farò a proposito due discorsi differenti a seconda della versione che stiamo analizzando

La versione Xbox One non ha grossi bug e risulta decisamente più rifinita della controparte PC, purtroppo i compromessi fatti per mantenere una parvenza di stabilità del framerate sono davvero importanti. L’illuminazione è quasi totalmente pre-renderizzata o assente e le texture sono di qualità appena accettabile. Il framerate in generale è stabile nelle ambientazioni esterne, anche se un numero elevato di nemici potrebbe comunque influire negativamente, anche se non in maniera drastica. Più problematici invece i corridoi interni dei dungeon che, se pieni di nemici, fanno crollare gli FPS ben sotto la ventina. I caricamenti sono l’altro tallone di Achille della produzione, dato che sovente superano il minuto, e diventano facilmente irritanti dopo che se ne sono dovuti affrontare due di seguito, nel caso del ritorno allo spazzasabbia. Abbiamo poi riscontrato un bug relativo al marker degli obiettivi, che ogni tanto tende a sparire: fastidioso, ma niente di insormontabile o in alcun modo impediente.Auspicabile una patch al day one per stabilizzare il framerate, visto che già è stato detto che non risolverà la lentezza dei caricamenti, che purtroppo sono più frequenti di quanto ci si possa aspettare da un titolo del 2016.

La versione PC, è decisamente più problematica di quella xbox ma anche qui, tutto sommato, siamo di fronte a una build tutto fuorchè ingiocabile. I bug derivati da una maggiore risoluzione e quindi principalemente di compenetrazione poligonale sono molto più frequenti: graficamente possono infastidire, ma non danneggiano l’esperienza complessiva.Lasciano un po’ perplessi i requisiti di sistema per il gioco, che prevedono, a fronte di un dettaglio grafico non certo insormontabile, configurazioni molto performanti. Nel nostro caso abbiamo dovuto fare qualche tweak al ribasso su un notebook dotato di i7 6700HQ e GTX980M per riuscire ad avere un’esperienza mediamente fluida. Ricordiamo poi che questa versione è accessibile solamente attraverso il Windows Store che, pur non particolarmente amato dal popolo dei videogiocatori, è comunque in continua evoluzione e non si è frapposto minimamente tra noi e la fruizione del titolo.

– Meccaniche di gioco profonde e appaganti

– Ottimo Art-Design

– Play Anywhere…

– Narrativa ben raccontata…

– Prezzo Budget

– Struttura del finale da rivedere

– … Bugs Anywhere (non gravi comunque)

– … ma troppo lineare

– Col doppiaggio non ci siamo

7.5

ReCore è un gioco che ha due grandi pregi, delle intuizioni solide alla base delle meccaniche di gioco e un art-design accattivante, che insieme tengono l’asticella dell’interesse alta per tutto il corso dell’avventura. Che Keiji Inafune e i suoi Comcept stiano riprendendo la mano dopo un Mighty N9 davvero sotto tono è evidente, ma purtroppo anche stavolta non sono sufficienti a portare davvero in alto le sorti di questo gioco.

Il resto, infatti, è caratterizzato da una mediocrità generale della produzione, dalla narrativa ai combattimenti contro i Boss. Non mancano poi picchi negativi riscontrabili nel doppiaggio e nell’ottimizzazione tecnica, assolutamente migliorabili.

In sede di recensione non si può non tenere conto di tutti questi elementi, che dunque impattano in maniera decisa sul voto finale. Ovviamente ci sono anche altri elementi come il Play Anywhere e il prezzo budget, che spiegano il perchè di alcuni problemi e di alcune scelte di design, non potendole però giustificare completamente.

Chi ama il genere e apprezza il mondo nipponico , non potrà che ritrovarsi in questo titolo, come fatto dal sottoscritto, gli altri invece, sbatteranno contro i suoi numerosi difetti, non apprezzandone il risultato finale.

Voto Recensione di ReCore - Recensione


7.5

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