Final Fantasy XV, NieR: Automata e Persona 5. Questi tre titoli hanno un elemento in comune: non è l’esser stati recensiti dal sottoscritto, non è l’aver preso voti dal 9 in su e non è il genere di appartenenza. L’elemento in comune per questi tre titoli risiede nella pesca. Perché in tutti e tre i jRPG che vi abbiamo elencato si crede fortemente in questa attività. Quando nell’agosto del 2016 intervistai Hajime Tabata, per la prima volta, il director di Final Fantasy XV aveva allestito dinanzi ai suoi piedi un piccolo stagno artificiale, con una canna da pesca appoggiata accanto: il suo viso si illuminò completamente quando finalmente gli chiesi di parlarmi dei minigiochi inseriti nel suo jRPG, tra i quali figurava chiaramente la pesca. A conti fatti si trattava della più ridondante perdita di tempo possibile nell’ultima iterazione della longeva saga di Square-Enix, così come d’altronde è accaduto in NieR: Automata e, ultimamente, in Persona 5. Ma per capire da dove arriva questo feticismo dobbiamo andare a scovarlo nella cultura dei giapponesi, facendo un viaggio nella loro mente e nelle loro canne. Da pesca.
Le coste ittiche del GiapponeLa conformazione del territorio giapponese ha permesso alla pesca di diventare un’attività di focale importanza, sia per l’alimentazione che per lo sviluppo economico. La baia di Tokyo è un crocevia di due correnti marine di diversa temperatura, il che aumenta il livello di pescosità: parliamo della corrente calda di Kuroshio (la seconda corrente più grande al mondo) proveniente da sud, che in Giappone si ramifica nella corrente Tsushima, e quella fredda di Oyashio proveniente da nord, dal mare di Bering. La combinazione favorisce lo sviluppo del plancton, che a sua volta fomenta lo sviluppo del patrimonio ittico, che permette alla costa giapponese di sfiorare quota ottomila varietà di pesci diversi. La cucina, come d’altronde sappiamo tutti, è per questo fortemente basata sull’utilizzo del pesce piuttosto che della carne, e anche a questo aspetto fino a qualche anno fa si ricollegava la minuta statura degli asiatici: per quanto la statura sia effettivamente condizionata dall’alimentazione, ricollegare tutto all’abuso di pesce nella propria dieta sembra essere diventato, nel tempo, più un pregiudizio che altro. Il Giappone, però, non si bea né vanta della pesca, perché spesso tale attività è contrastata dagli agenti atmosferici: è scolpito nella memoria di tutti lo tsunami che colpì Fukushima nel 2011, ma non da meno sono i monsoni e i tifoni che colpiscono il mare e la costa, distruggendo l’ecosistema ittico. Tra gli altri aspetti da tenere in considerazione è l’ingente trasporto di uranio che la corrente Kuroshio effettua quotidianamente: l’Hawaii Reporter ha segnalato, nel 2007, che l’ammontare di uranio trasportato in un anno è pari a 5,2 tonnellate. Inoltre vi sono moltissimi divieti di pesca che hanno impedito, negli anni, ai giapponesi di attivarsi con i loro pescherecci e partire nelle famosissime cacce che li hanno anche visti mattatori delle balene del Pacifico: nel 2014, quindi abbastanza recentemente, il Governo giapponese ha iniziato a mascherare le proprie attività di caccia ai cetacei sotto mentite spoglie, spacciando le loro incursioni con scopi scientifici. Infine l’inquinamento progressivo delle acque costiere rappresenta un altro grande nemico della pesca: a Tokyo, nello specifico, la balneazione è vietata in gran parte della costa, a partire da Odaiba, l’isola artificiale creata al largo della capitale. Salmoni, aringhe, sardine e acciughe sono le specie più pescate dai giapponesi, da Hokkaido a Honshu, da Kushiro a Wakkanai. Attualmente il Giappone, dopo un’incredibile crescita dell’attività ittica, si trova al secondo posto nell’industria mondiale della pesca dopo la Cina.
La storia del pescatoreLa pesca, però, non è solo un fenomeno moderno, non è solo uno sfruttare il mare a proprio piacimento. La pesca è una religione. Non c’è un momento preciso, nella storia nipponica, durante il quale la pesca è nata: c’è sempre stata. Durante il periodo Heian e in quello Edo, gli alti dignitari si preoccupavano di portare avanti la cultura della pesca Ukai: tale tecnica prevedeva l’utilizzo di un tipo di uccelli, ossia i cormorani, per la cattura di pesci d’acqua dolce. Chiaramente tale tecnica, per quanto molto scenica, non sembrava poter portare grandi benefici, soprattutto a fronte del fatto che il cormorano si cibava esclusivamente di pesce, diventando un vero e proprio concorrente dell’uomo: per questo, quindi, la Ukai venne abbandonata favorendo tecniche che durante il periodo Edo ebbero il sopravvento. Nel 1936 si arrivarono a pescare, solo in Giappone, più 4.000.000 tonnellate di pesce. Soltanto la guerra riuscì a fermare il Giappone, perché intorno agli anni ’40 la quantità di pescato calò sensibilmente riducendosi della metà: poi, però, la forza e l’abnegazione ebbero il sopravvento sulle calamità belliche e tutto venne ristabilito. Il settore ittico, nel 1952, tornò a far registrare cifre altissime, che superarono quelle precedentemente indicate nel 1936. Nel 1972 le quantità toccarono le 10 milioni di tonnellate, raddoppiando quanto totalizzato venti anni prima: un’attività che nel tempo ha imparato a impegnare qualsiasi giapponese, non solo come lavoro, ma come vera e propria passione da coltivare. Il mare lo permette, la pacatezza degli animi del Sol Levante è un ottimo complice, per questo la pesca ha conquistato il Giappone. Tra l’altro, al di fuori di quello che è il vero e proprio approvvigionamento di pesce, i giapponesi si applicano anche per recuperare ostriche e perle. Un fenomeno che Yoko Taro ha provato a replicare in NieR: Automata nel quale, a differenza di Final Fantasy XV, si poteva arrivare a recuperare qualsiasi tipo di oggetto, dalle scarpe alle perle, fino a quello che richiedeva uno dei trofei del gioco, ossia il ritrovamento di un vecchio Pod, abbandonato tra le acque della città sommersa. Molto più scolastica, invece, la pesca di Hajime Tabata, che, attraverso la voce grossa e profonda di Gladio, vi sfidava a trovare il più grande luccio delle acque di Lucis, una sfida che nonostante il livello 10 nella pesca e tante ore consumate non sono riuscito a portare a termine. Sempre molto attenta è la pesca anche di Persona 5: da una riva artificiale dovremo recuperare tutti i pesci possibili da uno stagno appositamente ricreato, uno scenario che emula moltissimo quelle che sono le attività di pesca ricreative all’interno delle sale giochi. Al Round One di Shimura-sanchome, una sala-giochi che permette di trascorrere le nottate al suo interno come un enorme parco divertimenti, gli stagni messi a disposizione per pescare in libertà sono all’ordine del giorno. Per fortuna al Round One potete intrattenervi con attività molto più appaganti, come il magnifico table flipper. Anche nel titolo Atlus pescare porta all’ottenimento di un trofeo, precisamente dopo aver catturato l’Ichigaya Guardian.
Pescare in compagniaÈ scontato dire che, non essendo una pratica che sentiamo prettamente nostra e non essendo un qualcosa che ci viene inculcato sin da piccoli, ritrovarci a pescare all’interno di questi titoli non dev’essere un’attività appassionante. Personalmente con Final Fantasy XV ho davvero penato, meno con NieR: Automata, grazie alla scarsa durata della missione richiestami, ancor meno con Persona 5, perché ho rapidamente desistito. A dirvelo è una persona nata e cresciuta in riva al mare, su una delle coste più belle d’Italia, ma che di pescare non ha mai avuto voglia (e di andare a mare men che meno). Resterebbe, quindi, da domandarsi se i giapponesi, che sono così accorti all’emulazione della cultura occidentale, a partire dalla riproposizione dei loro eroi e beniamini, non si siano mai domandati l’utilità dell’inserire la pesca nei loro videogiochi.
La parola, a questo punto, passa a voi: pescare nei titoli citati poc’anzi vi ha donato qualche soddisfazione? Vi ha intrattenuti adeguatamente? Cosa avete provato nel tentativo di pescare il più grande pesce dell’universo di Final Fantasy XV o di Persona 5? Riscoprite il pescatore che è in voi e vestite i panni di Sampei: dal Giappone al centro dell’America il passo è breve.