Era il 2 gennaio 1911 e Vassilij Kandinskij aveva appena finito di assistere a un concerto di Arnold Schoenberg a Monaco di Baviera. Il giorno dopo il padre della pittura astratta decise di dipingere quel concerto. Il 3 gennaio 1911 Vassilij Kandinskij inventò la sinestesia. Era appena nata l’Impressione III, un dipinto a olio su tela, attualmente esposto presso la Stadtische Galerie im Lenbachhaus a Monaco: un pianoforte nero, degli spettatori alla base del palco, un albero arancio e uno stagno blu. La capacità di utilizzare la sinestesia, secondo la scienza, appartiene a una persona su duemila: sentire il suono dei colori, l’odore delle parole, il sapore delle forme, l’unire una sensazione a un’altra, completamente diversa. Questa è la sinestesia, un concetto che nella storia dell’intrattenimento è stato ripreso e riutilizzato tantissime volte, anche nei videogiochi. Prima di arrivare, però, a Michel Ancel raccontiamo un po’ di questa storia.
Quando Disney disegnò BachNel 1940 Kandinskij aveva già dovuto confrontarsi con la censura di Adolf Hitler, che condannò le avanguardie artistiche, ma nonostante ciò aveva tenute alte le sue idee proponendo quattro poesie e silografie. Sarebbe morto di lì a poco, nel 1944, nell’abitazione di Neuilly-sur-Seine, dove viveva dal 1934, ma in quell’anno, il 1940, dall’altro lato del globo, oltre l’Oceano, Joe Grant e Dick Huemer dirigevano Fantasia, una produzione firmata Walter Elias Disney. Il film non venne distribuito in Europa, dove la guerra era sicuramente più importante del vedere a schermo il movimento di un’onda sonora, così come il fallimento, dal punto di vista degli incassi e degli spettatori, fu atroce. Il debutto avvenne il 13 novembre del 1940 in sole tredici città degli Stati Uniti, senza realizzare alcun tipo di profitto per la Walt Disney Productions. La critica bollò il lavoro di Walt Disney come troppo colto, quasi elitario, snob, desideroso di innalzarsi a qualcosa che il grande pubblico non potesse capire e comprendere: i costi di produzione furono altissimi, soprattutto a causa della colonna sonora che venne registrato con delle meccaniche molto costose. Fantasia fu, però, un caso unico di intersemiotica: fu la riproposizione di un testo preesistente, ossia le composizioni musicali, in un testo d’arrivo diverso, ossia un film d’animazione, quindi un testo sincretico. A dirigere l’intera opera ci pensò Leopold Stokowsky, che negli intermezzi tra gli otto episodi musicati raccontò anche il movimento dell’onda sonora, dandole forma e colore, esaltando quell’aspetto sinestetico che Walt Disney ripropose un anno dopo in Dumbo e i suoi elefanti rosa. Disney, con queste sue due opere, in un solo biennio inventò immagini congruenti con la sinestesia del testo di partenza ed esaltò i concetti che furono cari a Kandinskij, spostandosi verso qualcosa di diverso: non disegnò un concerto, ma diede una narrazione alla musica di Bach, di Dukas, e così via, come provò a ripetere poi in Musica, Maestro! con Prokofiev, Dvorak e Debussy. Il lavoro rappresentò una finezza unica nell’ambiente cinematografico, andando a tradurre alcuni effetti di senso prodotti dalla musica in disegni animati diversi rispetto all’esposizione. La discesa del clarinetto è sincronizzata con lo sbadiglio di una fatina che abbassa le sue braccia; l’ondeggiamento e la circolarità dei personaggi riproduce gli effetti sonori analoghi, con dei movimenti di macchina da presa che si sposta lentamente e progressivamente verso l’alto o in direzione obliqua. La direzione di Joe Grant e Dick Huemer seguì in maniera precisa gli ordini che arrivarono da Disney, che concretizzò, trent’anni dopo l’Impressione III, un’evoluzione della sinestesia, avvicinandosi ancora di più a quello che, sessant’anni dopo, fece Michel Ancel.
Quando Ancel disegnò i mariachiNel 2011, cento anni dopo Kandinskij, Michel Ancel realizzò Rayman Origins. L’intenzione di non concentrarci su quest’ultimo, ma sul Legends, è figlia del lavoro di fino realizzato con la colonna sonora da parte di Ubisoft con il secondo capitolo di quello che è stato quasi un reboot della saga dedicata all’uomo melanzana. All’interno del gioco vennero inseriti dodici livelli musicali, che più di quanto venisse fatto nei livelli principali, riproducevano il movimento della melodia attraverso gli spostamenti di Rayman all’interno del livello. Ogni suo gesto, ogni suo movimento, ogni sua caduta, scivolata su qualche catena, era la riproposizione di una nota, di un testo musicale, in un testo visivo, nell’azione videoludica. Al di là di quello che poteva essere l’animazione pura e semplice, la componente videoludica andò a esaltare il movimento di Rayman, perché là dove la gestualità diventava errata la musica riproduceva una nota stonata, un’interruzione della melodia, così come veniva innato, in maniera quasi fisiologico, compiere i salti e i movimenti nella maniera adeguata, per riprodurre l’onda del suono che la colonna sonora andava a proporre. Dalla Follia Mariachi, che andava a riprodurre il suono di una chitarra accompagnata dal rumore di un ronzio di mosca, fino al Castello Roccheggiante. Il flow di Rayman resta invariato per l’intera durata del livello, che nel mentre vi costringe anche a recuperare i Lum e i Teens imprigionati, così da spingervi in un percorso preciso, che viene suggerito dal movimento musicale: il personaggio creato da Michel Ancel diventa, inevitabilmente, la bacchetta di un direttore d’orchestra che disegna, con il suo movimento, il suono che viene prodotto dalla colonna sonora. Rayman Legends nel 2013 fu un intelligente platform colorato e musicato con un’armonia tale da permettere a quelle 1998 persone escluse dal concetto di sinestesia di vedere con i propri occhi la nota musicale muoversi, prendere forma, riconoscerne il colore e l’effetto. Con i suoi 60fps e la risoluzione a 1080p, il movimento di Rayman, quattro anni abbondanti dopo, resta un capolavoro indistruttibile e insuperabile, che ha fatto della sinestetico il suo cavallo di battaglia, regalando un senso di armonia invidiabile, che va oltre qualsiasi dibattito creatosi per il gameplay che cambiava tra la versione Wii U e quella PlayStation 4 o Xbox One.
In cento anni il concetto di sinestesia si è evoluto attraverso numerosi passaggi: questa non è la storia per annali di come tale concetto abbia colpito l’intrattenimento, ma degli esempi molto rapidi di ciò che si nasconde dietro Rayman Legends, che oltre a esser stato un ottimo platform, uno dei migliori dell’ultima generazione, rispondeva a dei canoni artistici che sono andati a scomodare dei veri e propri decani dell’arte. Siamo partiti dal 1911 con Kandinskij per arrivare fino a Walt Disney nel 1940 e successivi, toccando Michel Ancel, un visionario dell’arte videoludica, al quale avremmo sempre voluto chiedere di più, di essere più concreto con i suoi progetti. Ma la concretezza più grande, il game designer francese, ce l’ha data disegnando il suono della musica: come Kandinskij dopo quel concerto a Monaco.