Se anche voi avete superato i vent’anni, siete uomini degli anni 90. Individui forgiati da film dove i muscoli coprivano tutto lo schermo della televisione, e da cartoni animati giapponesi e manga che erano l’incarnazione della mascolinità inespressiva. Tolto il solito Dragonball, almeno metà dei lettori di sesso maschile di questo articolo cullati da quel glorioso decennio si ricorda di Hokuto no Ken, dei Cavalieri dello Zodiaco e dei robottoni di Go Nagai. Eppure c’è un altro manga che andava fortissimo a quei tempi, un’opera che ha segnato per sempre gli shonen, e che non veniva citata di continuo solo per un motivo: sì e no tre persone al mondo possiedono la flessibilità necessaria a riprodurre le pose dei suoi protagonisti. Parliamo, ovviamente, de Le Bizzarre Avventure di Jojo, lavoro di Hirohiko Araki capace di rinnovarsi fino ai giorni nostri e non ancora completato.
Con un anime fenomenale spuntato l’anno scorso e importanti collaborazioni modaiole del suo creatore, il marchio sembra essere andato incontro a una seconda giovinezza, il cui culmine è stato un videogioco uscito qualche mese fa in Giappone, Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle.
Affidato al pluriosannato team Cyberconnect2, questo titolo sembrava poter essere il sogno di ogni appassionato di manga e botte virtuali. C’era ogni ingrediente nel calderone: personaggi fuori di testa, una storia in più capitoli spolpabile a piacere, stile e spettacolarità a bizzeffe, e meccaniche da picchiaduro tecnico 2D. Tuttavia la software house, forse anche a causa dell’inesperienza con questo tipo di fighting game, ha fatto qualche passo falso al lancio, rilasciando un prodotto con gravi problemi di bilanciamento risolti solo dopo alcune patch. La partenza incerta ha fatto girare molte voci su Jojo All Stars, che lo marchiavano come un picchiaduro inferiore alle aspettative e obbligatorio solo per i fan sfegatati di Araki. Beh, adesso è arrivato in Europa completamente patchato, e noi siamo qui per dirvi che la verità è esattamente opposta. Jojo All Stars è un gioco degno di stare anche sullo scaffale dei puristi delle risse videoludiche, ma contenutisticamente potrebbe deludere proprio il pubblico che lo attendeva di più.
ORAORAORAORA di darsele di santa ragione
Qualche nozione sulla storia di Jojo. Parliamo di un battle manga composto da 8 capitoli, ognuno con un protagonista diverso e dozzine di antagonisti fuori di testa. Partendo dalle due serie iniziali, dove gli avversari erano un malvagissimo vampiro di nome Dio Brando e i misteriosi uomini del pilastro (nessun doppio senso, please), si è arrivati agli Stand, emanazioni spirituali dai poteri più disparati, su cui l’immaginazione di Araki ha trovato terreno fertilissimo. Con una base del genere, un roster di combattenti variegato era una pratica certezza, ma mai avremmo pensato a una tale fedeltà al manga. I Cyberconnect non solo hanno riportato con cura maniacale nel loro titolo buona parte dei personaggi principali dell’opera di Araki, ma sono riusciti a cucire attorno ad ognuno degli stili di combattimento unici. Come detto sopra, ci sono volute un po’ di patch per bilanciare tutto, ma il risultato è superlativo. Gli esperti di onda concentrica, ad esempio, sono guerrieri classici che possono usare mosse potenziate con l’immancabile barra della super, qui chiamata Heart Heat Gauge, e caricarla a volontà. I vampiri vengono subito dopo, ma già in questa seconda categoria iniziano i cambi repentini e dopo Dio, un combattente aggressivo incentrato sull’assalto a testa bassa, i tre uomini del pilastro iniziano ad avere forme speciali che poco o nulla hanno a che spartire con i compagni. Poi si passa agli Stand, ed è il delirio. Il gioco sfrutta infatti un sistema misto tra quello degli Street Fighter e il chain combo system dei Marvel vs Capcom o dei picchiaduro Arc, dunque non è difficile eseguire serie di colpi e collegarci mosse speciali. Quando però entra in scena lo Stand le cose si complicano, poiché praticamente ogni guerriero dotato di quel peculiare stile può distaccarsi al volo dalla sua emanazione durante certe mosse, e possiede due liste di colpi speciali a Stand attivato e disattivato. Fate due più due, e vi renderete conto di quanto imprevedibili e bizzarri (è proprio il caso di dirlo) possano essere certi personaggi in battaglia. Aggiungete poi a cotanta esplosiva follia la possibilità di interrompere le combo all’improvviso consumando una carica della Heart Heat Gauge, una schivata istantanea in posa che sostituisce la parata perfetta, e una infinita serie di meccaniche speciali che possono ribaltare uno scontro se usate a dovere, e otterrete un gameplay solidissimo. Giusto per ribadire il concetto, pensate che i taunt sono addirittura collegabili alle combinazioni per far calare la barra dell’avversario, e la mobilità laterale molto elevata assicura una serie di manovre offensive realmente balorde con certi protagonisti.
Tanta solidità va però a scontrarsi duramente con un paio di caratteristiche non proprio fantastiche del titolo Cyberconnect. In primis, c’è un problema di frame rate in questo gioco, visto che il motore è fisso sui 30 frame al secondo. La maggior parte degli utenti nemmeno lo noterà, ma gli esperti lo sentiranno, eccome. Eseguire combo con il chain system viene naturale, eppur credeteci se vi diciamo che, specie se abituati a titoli nipponici più responsivi, dovrete rallentare forzatamente le vostre reazioni per far sì che il gioco legga con precisione gli input. Per carità, ci si abitua rapidamente alla cosa, ma sminuisce un po’ la fluidità delle battaglie e non capiamo perché gli sviluppatori non siano riusciti a raggiungere i 60 fps. Altro problema riguarda l’originalità del combat system. Se il roster è eccezionale da questo punto di vista, lo stesso non si può dire delle basi, che sono una fusione di elementi già visti nei picchiaduro Capcom e Arc System. Jojo All Star ha una grande personalità, ma deriva in primis dal carisma dei suoi personaggi e dall’ottima fusione delle meccaniche, per il resto emula più che reinventare o perfezionare.
Si parla ad ogni modo di problematiche che non bastano a sminuire un lavoro sopraffino, specie se si considera che è il primo picchiaduro tecnico dei Cyberconnect.
Avventure bizzarramente tagliate
I problemi veri, ahinoi, iniziano a spuntare quando si analizzano i contenuti del gioco. Il titolo infatti poteva sfruttare la sua licenza per offrire uno degli story mode più complessi e longevi mai visti in un picchiaduro, ma gli sviluppatori hanno scelto la “via facile” e deciso di narrare gli eventi dei vari capitoli alla vecchia maniera, con muri di testo prima di ogni battaglia, e scontri con qualche bonus o malus legato all’avversario incontrato. Non crediate inoltre di poter incontrare tutti gli stand user delle varie saghe, i personaggi che vedete nel roster saranno gli unici a comparire nei vari capitoli, e nemmeno tutti in certi casi.
Perlomeno, la versione europea vanta una variante dell’Arcade Mode, che assegna un punteggio al giocatore dopo ogni battaglia e può essere affrontato a tutte le difficoltà per ottenere una S con ogni guerriero. Più stuzzicante senza dubbio il Campaign Mode, una modalità solo online che permette di ottenere taunt, colori e costumi aggiuntivi. Quest’ultima chicca ha fatto molto discutere al momento dell’uscita giapponese, perché conteneva un sistema ad energia con microtransazioni, ma dopo le proteste i Cyberconnect hanno diminuito di molto il tempo di ricarica dell’energia tra un match e l’altro, permettendo di ottenere ogni costume e colorazione senza sforzo o spesa alcuna.
Vorremmo potervi rassicurare anche sull’esperienza online, ma purtroppo, per ovvie ragioni, al momento testare la stabilità dei server e la latenza durante i match in rete ci risulta impossibile. Il netcode della versione nipponica è abbastanza altalenante, ma gli sviluppatori ci hanno promesso grossi miglioramenti in questo campo.
Potete comunque capire perché abbiamo criticato la mole di contenuti del titolo Cyberconnect2: al di fuori di modalità classiche e di uno story mode deboluccio, l’unica cosa discretamente interessante resta la modalità campagna, uno spreco vista la mole di materiale a disposizione. Non chiedevamo la luna, ci sarebbe bastata una campagna un po’ più elaborata, con una storyline complessa alla Blazblue o missioni vicine ai picchiaduro NetherRealm. Un tutorial decente, inoltre, avrebbe aiutato molti giocatori inesperti ad avvicinarsi a certi personaggi tutt’altro che intuitivi.
Nulla da eccepire dal punto di vista tecnico invece. Il gioco è un’esplosione di colori che compone la scritta “FABULOUS” dall’inizio alla fine. La fedeltà stilistica all’opera di Araki è incredibile, con animazioni perfette, pose plastiche, e un look davvero vicino a quello del manga. Originale l’inserimento di pericoli all’interno delle ispiratissime arene, che costringono a mantenersi in movimento durante certi match, e mutano le cutscene di determinate super. Da applausi anche il sonoro, con tanto di doppiatori professionisti per ogni personaggio, compresi quelli secondari nei menu del gioco. Un ultimo tocco di classe che i fan apprezzeranno.
Un avvertimento per i più pignoli, pur trattandosi di un difetto su cui è facilmente possibile sorvolare: per una questione di licenze, tanti nomi di protagonisti presi direttamente da band note sono stati cambiati (a volte in modo alquanto ridicolo, vedere alla voce Polnareff). Abbiamo storto un po’ il naso pure noi vedendo certe soluzioni adottate per evitare problemi legali, ma son cose che si ignorano una volta vista la qualità della trasposizione.
– Fabulous!
– Fedeltà notevole al manga di Araki
– Combat System solido e ben congegnato
– Incredibile varietà del roster
– Modalità basilari e assenza di un tutorial degno
– Fermo a 30 fps
– Certi nomi cambiati sono un tantinello ridicoli
Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle è un picchiaduro di solidità invidiabile, con un roster diversificato in modo strabiliante, meccaniche ben implementate, e tutto lo stile over the top e fascinoso del manga di Araki. Le sue uniche debolezze risiedono nella limitatezza dei contenuti, che si nota in particolare nella semplicistica modalità storia, e nel blocco a 30 fps, che potrebbe infastidire i veterani del genere. Per il resto, se questo è il primo esperimento di Cyberconnect con i fighting game tecnici, ben vengano i prossimi. Consigliato.