In Occidente,
Final Fantasy è sinonimo di “videogioco di ruolo giapponese”. Una serie che fin dagli anni Ottanta racconta grandi storie, tornata alla vita grazie alla boccata di ossigeno del
quindicesimo capitolo. Abbandonata da tempo l’esclusiva PlayStation, molti dei capitoli degli anni Novanta sono stati ridistribuiti su PC e console, passando per portatili e smartphone. Quella di cui parliamo oggi è proprio una di queste: la riedizione di
Final Fantasy IX per PlayStation 4. Nato come canto del cigno della prima PlayStation,
FFIX all’epoca risentì sensibilmente delle voci sul futuro, già accennanti all’esordio su PS2. Ugualmente non aiutò il deciso stravolgimento sia estetico che di design, tradotto in un fantasy più “genuino”. Su PS4 il gioco rimane una perla bellissima, ma la lucidatura non è stata totale.
Scuola di arti marziali dell’Active Time Battle
In sé, Final Fantasy IX è un gioco di ruolo giapponese molto tradizionale. Si controllano quattro personaggi alla volta e li si fa esplorare le ambientazioni e combattere i mostri. Questi vanno affrontati secondo un sistema a turni flessibile, quell’Active Time Battle familiare a ogni fan. Per agire bisogna aspettare che la barra accanto al nome del personaggio si riempia; una volta che il comando è eseguito, la barra si svuota. Un meccanismo da sempre tipico dei Final Fantasy, che obbliga a essere tattici e soprattutto a rimanere costantemente concentrati sulla battaglia. Ben piantato e volutamente nostalgico, il sistema di gioco si differenzia dando abilità uniche a ciascun personaggio. Oltre che varie, FFIX le usa anche come auto-citazione, rievocando le prime “generazioni” su Nintendo e Super Nintendo. È quindi una struttura basilare, che infila nella sua impostazione romanzesca numerosi minigiochi e attività secondarie. La qualità di queste ultime si riconferma altalenante: alla sezione con i Chocobo a dir poco assuefacente si alterna un gioco di carte troppo astruso e casuale. Per quanto nessuna di queste attività comprometta la fruizione della trama, oggi come ieri mantiene tutti i limiti da “gioco PS1”.
Per dare ancora più risalto alla narrazione pura, sono stati aggiunti gli ormai familiari boost. Attivabili dal menu, permettono di potenziare i personaggi, aggiungere denaro o di annullare gli incontri casuali. Se da un lato nessun veterano oserà attivarli, dall’altro sono palesemente presenti per risparmiare ai neofiti sia il grinding che i Game Over di troppo. Tutte cose assolutamente relative, dato che da sempre questo Final Fantasy non ha mai avuto grossi picchi di difficoltà. Disincentivo ancora maggiore il fatto che attivarli inibisce lo sblocco dei trofei.
Anche da un punto di vista grafico il gioco è coerente con ciò che già era stato su PlayStation, proponendo personaggi poligonali su scenari pre-renderizzati. Abbandonati tanto il “deformed” del settimo capitolo quanto l’ “umano” dell’ottavo, il titolo propone una società multietnica dove gli umani convivono con animali antropomorfi. Un mondo che prende vita grazie alla vivacità degli ambienti popolati da numerosi NPC. L’armonia è ottenuta con un uso delicato delle colorazioni, teso a dare un tocco di solidità che esuli dalle “linee dritte” del magico-fantascientifico. Tutte qualità che si mantengono assolutamente immutate in questa riedizione. L’ottimizzazione per le macchine recenti ha poi ha sua volta ristretto i tempi di attesa, e la traduzione creativa in italiano è sempre un piacere da leggere.
Un dipinto animato a schermo
Come ogni altro Final Fantasy degli anni Novanta, la trama di quest’opera va prima di tutto vissuta pad alla mano. Pertanto qui ne riassumeremo solo le premesse. Una compagnia di attori teatrali si reca nel regno di Alexandria per una rappresentazione. Ma è solo una copertura: sono in realtà la famigerata banda Tantarus, incaricata di rapire la principessa Garnet. La missione spetta a Gidan, giovine biondino dalla coda di scimmia coi modi da donnaiolo. Contro ogni previsione, la giovane si fa portare via di sua spontanea volontà: da tempo la regina sua madre ha cominciato a covare sogni di conquista verso i regni confinanti e lei vuole scoprire perché. Bandito e principessa vengono da subito affiancati da altri sei personaggi, introdotti con una naturalezza ancora oggi rara.
Ma la guerra di espansione intrapresa da Alexandria è solo la spinta per quella che sarà una grande avventura. Dopo un primo quarto di storia frammentato in cui ci si fa la spola tra gruppi sparpagliati nel continente, la trama riprende organicità e tutti i pezzi vanno a posto. E si capisce il perché dell’alternanza: farci conoscere i personaggi, il loro passato e le loro motivazioni. Insomma, farci entrare nel loro mondo. Un mondo che, seppur immaginario, è costruito con una cura meticolosa, lussureggiante. Final Fantasy IX è un quadro a olio, un acquerello che si muove e prende vita nei suoi scenari pre-renderizzati. Un’atmosfera tiepida e garbata, fiabesca e medievale, dove sono appunto coerenza e inventiva a dominare. Una narrazione che passa con una naturalezza sconcertante dalla commedia alla facezia, per poi sconvolgere con la tragedia e esaltare con l’epica. Tonalità che si concentrano prima di tutto sui personaggi. Steiner è un cavaliere onesto distrutto dal tradimento, Gidan un orfano che brama il proprio passato; Vivi rabbrividisce quando scopre che la sua natura potrebbe essere artificiale. Primari, secondari, antagonisti: nessuno viene lasciato indietro. Bastano pochi minuti per scoprire in Beatrix una tormentata antieroina, sfruttata dal regno per cui ha sacrificato tanto. O rivalutare Brahne come una regina che seppellisce le preoccupazioni sotto a un’arroganza sfarzosa. Aiutata dalla bellissima colonna sonora elegante e nostalgica, l’avventura di Gidan e Garnet non smette mai di catturare, ogni volta come se fosse la prima.
La macchia sul quadro
Finora abbiamo sommerso questo videogioco di complimenti. E non temete: sono tutti meritatissimi. Ma se sbirciate il voto della recensione, vi ritroverete interdetti: vi parrà troppo basso rispetto a quello che ci si aspetta dopo tutti questi elogi. Il motivo, purtroppo, è esattamente lo stesso di tante altre remaster di questa generazione: la qualità. Square-Enix ha sempre avuto molta attenzione per le riedizioni, con contenuti aggiuntivi e limature delle piccole imperfezioni originali. E dispiace vedere come, in questo caso, non vi sia stata altrettanta cura. Graficamente il restauro si è concentrato prevalentemente sui personaggi: il numero di poligoni è immutato, ma le texture che li ricoprono sono più morbide e armoniose. L’intento della “pennellata” riesce perfettamente, facendo notare dettagli prima invisibili. Stesso vale per i mastodontici filmati in computer grafica, restaurati per togliervi il diffuso aliasing della PlayStation.
Il punto dolente è un altro: le ambientazioni. Gli scenari pre-renderizzati non hanno infatti goduto dello stesso trattamento dei personaggi, rimanendo alla risoluzione originale. Se sul cavo Scart non c’erano problemi, l’upscaling secco della PS4 spesso spalma malamente i dettagli. Che vi sia stacco tra modelli 3D e scenario non è necessariamente un difetto, ma in questo caso la differenza di risoluzione è così alta da influire a volte sulla sensazione di profondità. Gli occhi più attenti noteranno inoltre come non tutti i personaggi abbiano giovato delle texture ritoccate, con una resa visiva contrastata. Fortunatamente il resto del comparto non ha subito particolari stravolgimenti: la colonna sonora è immutata ed emozionante, la spettacolarità dei combattimenti è ormai grezza ma immaginifica.
Un’avventura potente e sincera
Design e FMV meravigliosi ancora oggi
Ottimizzato, fluido e scorrevole…
Aggiunte marginali
Remaster altalenante
… Ma rimane sempre un gioco PS1
Non perdiamoci in chiacchiere inutili: Final Fantasy IX è un capolavoro senza tempo. Una ballata di medievale, classica bellezza che cattura nella sua nostalgia e sensibilità. Il fatto che abbia resistito così bene alla prova del tempo non fa che dimostrarne ulteriormente la bontà. Ma se da una parte siamo felici della sua pubblicazione su PS4, dall’altra non possiamo negare che il remaster non sia stato curato tanto quanto avrebbe meritato. Il prezzo poi non proprio budget (21 euro) è un ulteriore discriminante. In sé il gioco li vale tutti, e lo rende acquisto obbligato per tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di giocarlo ai tempi. Ma chi lo possiede in originale o chi l’ha acquistato ai tempi di PS3 non avrà nessuna ragione pratica per ricomprarlo.