< src=”https://www.spaziogames.it/controls/player_video/player.aspx?id=25203″ scrolling=”no” marginheight=”0″ marginwidth=”0″ allowfullscreen=”” frameborder=”0″ height=”360″ width=”640″>
Lione – Dopo la nostra corposa video anteprima e l’intervista a Harvey Smith, creative director del gioco, a Lione abbiamo avuto anche il tempo di fare qualche domanda a Sebastien Mitton, art director di Dishonored 2. Tra gli argomenti affrontati, non solo la creazione dei personaggi e della nuova città, Karnaca, ma anche le fonti d’ispirazione italiane che hanno aiutato il team degli artisti a dare vita alla nuova location.
SpazioGames: “Sono Stefania, da SpazioGames.it. Volevo chiederti, se tu dovessi scegliere la più grande differenza tra i lavori sul primo Dishonored e su Dishonored 2, quale sarebbe?”
Mitton: “La differenza principale?”
SpazioGames: “Sì, nel tuo ambito lavorativo.”
Mitton: “La differenza principale è che per noi Dishonored 1 era la creazione di un nuovo mondo, una nuova IP e una nuova città, Dunwall. La differenza principale è che in Dishonored 2 abbiamo cercato di spingere i limiti, di esplorarli, in termini di dimensioni, dettagli, quantità di personaggi all’interno dei livelli, attenzione per i dettagli. Quindi sì, ci sono un sacco di differenze, ma si tratta più che altro di migliorie per tutto ciò che c’è in questa IP.”
SpazioGames: “Come hai avuto l’idea di un’ambientazione completamente nuova, e non di una reinterpretazione della vecchia, o forse di una Dunwall rinnovata e sicura?”
Mitton: “Oh, beh, è perché sono pazzo! (ride) No, no, la risposta è che in Dishonored 1 era stata già definita un sacco di storia – c’è una città che è un impero, poi il Reggente prende il potere… aveva già un sacco di visual storytelling. Tra l’altro cominciamo in Dunwall, vedrete Dunwall in Dishonored 2, vedrete i cambiamenti dati dal reinterpretarla 15 anni dopo, ma è troppo poco per creare qualcosa di davvero diverso, volevo che il giocatore provasse qualcosa di nuovo: vedere la fonte e l’origine del mondo, e poi viaggiare in una nuova città e scoprire qualcosa perché questo è l’intrattenimento – quando giochi, vuoi goderti cose nuove, ed è questo che i giocatori stanno aspettando.
Penso che Karnaca sia una specie di Dunwall del sud, è sempre una città vittoriana ma si trova a sud, ed apprezzo molto il fatto che abbiamo portato un umore e un’atmosfera nuovi per una città nuova. Se invece mi fossi dedicato di nuovo a Dunwall, molte cose sarebbero state uguali – stessa sperimentazione, stesso sapore – rispetto invece a fare qualcosa di completamente nuovo.”
SpazioGames: “Penso possa collegarsi a quello che dicevi stamattina, ‘un coltello nella gola del normale sequel’, tu vuoi qualcosa di nuovo e vuoi essere entusiasta di ciò a cui lavori.”
Mitton: “Sì, ad esempio nell’industria cinematografica, nei blockbuster, a volte è fantastico, ma spesso le cose si somigliano tutte; ma quando sei un artista ciò che vuoi fare è creare, vuoi offrire la tua energia, il fatto che ami l’arte e i dettagli, e che ti piace creare – vuoi offrire tutte queste cose al giocatore. Per questo spingo. Dico che Dishonored 2 è un coltello nel collo dei sequel generici perché quando facemmo Dishonored 1 era una nuova IP e dovevamo affrontare tantissimi sequel. C’erano quindici, dieci, otto di questo gioco, e noi eravamo un po’ come il bambino, sai. Con Dishonored 2 non volevo creare “Dishonored 1.2″, volevo tirare su l’asticella per qualsiasi aspetto – grafica, contenuti – volevo creare personaggi e ambientazioni significativi.”
SpazioGames: “Ti faccio questa domanda perché sono sicura che i lettori lo chiederanno. Hai detto che una delle ispirazioni principali è stata l’Europa del Sud, tra cui l’Italia. C’è qualche città in particolare, in Italia, che forse hai visitato scattando qualche foto?”
Mitton: “Sì, potrebbe trattarsi semplicemente del trovarsi su una barca tra Rimini e Venezia, perché in quest’ora del giorno, alle 18 in punto ad agosto, il sole – boom! – fa questo effetto e quindi ho scattato delle foto. Ma non come riferimento per la città o le persone, semplicemente come riferimento per la luce, che è molto importante. Se non curi nel modo giusto le luci, potresti rovinare tutto in un livello. Puoi anche conferire misticismo ad una città, io non voglio la luce base che si vede di solito, voglio una luce che sposi la storia e quello che stai provando. Ci sono anche dei riferimenti a Genova perché è una – beh, come dite voi? Un grosso porto?”
SpazioGames: “Una città-porto?”
Mitton: “Sì, una città-porto, quindi il collegamento è facile. Inoltre, quando sei a Genova la prima cosa che vedi è il porto, ok. Poi se vai di qua puoi visitare il cimitero che è fantastico, pieno di storia. Poi se vai nella strada, in questa piccola stradina sulla collina, allora vedi il duomo, la facciata, ed è ancora un po’ oscuro e reale – puoi vedere le persone che abitano lì e puoi perderti nelle strade, il che è quello che mi piace, con queste piccole gole lungo la collina. Quindi sì, Genova mi è davvero piaciuta per quelle cose. In aggiunta poi c’è stata Cuba, per il modo in cui vivono le persone. Ci sono anche riferimenti per la natura all’Amazzonia, ed è tutto. Abbiamo preso quello che ci serviva per creare questa storia, quest’esperienza.”
SpazioGames: “Volevo anche chiederti: quanto è stata importante la nuova generazione di console per rendere realtà la città che avevi immaginato?”
Mitton: “Per rendere realtà il gioco? La prima opportunità data dalla new gen, è stata quella di poter creare un nuovo engine. Passare da un engine all’altro non è semplice, quando mi è stato chiesto “beh, che engine scegliamo per Dishonored 2?” io dissi “magari sarebbe bello avere un nostro engine!”. “Ma sei pazzo?”, “no, non sono pazzo, perché potremmo farlo!”. E tutti i capi della compagnia dicevano, ad esempio, “sì, per il level design potremmo fare questa cosa, potremmo superare i limiti del rendering” eccetera, o anche in merito all’intelligenza artificiale, che è una cosa davvero molto importante per noi. Quindi creare un proprio engine è la cosa migliore, in termini grafici non ho i numeri ma è un’esplosione di poligoni. Abbiamo anche degli shader tutti nostri, il che significa che non ci sono shader che sbucano per mostrare una texture eccetera, questo è fatto da noi. Richiede un sacco di discussioni, si crea il gioco mentre si crea l’engine, e in parallelo sono due bestie, ma si mescolano per il miglior risultato.”
SpazioGames: “Stamattina ci hai mostrato sketch dei personaggi, artwork, modelli, animazioni. Ma quanto ci vuole a passare da una pagina bianca ad un personaggio completo? Anche una delle comparse che vediamo di sfondo nella città.”
Mitton: “Sì, i personaggi. In francese dico che è una cosa steampunk, non nel senso dello stile. Quello che voglio dire è che creare un personaggio richiede davvero tanto tempo. Dobbiamo avere un buon procedimento, a partire dalle origini e dai riferimenti a cui mi rivolgo. Harvey sviluppa il background del personaggio legato alla storia, poi c’è il tipo dell’audio, e c’è l’animatore. Quindi, dalla pagina bianca al personaggio finito? Non saprei, perché spesso rivediamo anche alcune cose, ma potrebbero volerci sei mesi. La modellazione è solo una parte, richiede un mese, ad esempio, ma ci sono anche l’audio, l’espressione e l’animazione facciale. Si comincia all’inizio del progetto e si termina alla fine perché non è che li metto da una parte dicendo “fatto”, “fatto”. No, non è mai finito, devi aggiustare delle cose, e devi adattarle anche al resto del team, che avrà i suoi bisogni, come ad esempio il team degli animatori, per realizzare le animazioni facciali – quindi smetti di lavorarci, poi ci ritorni. Insomma, è un procedimento lungo. Davvero, davvero lungo.”
SpazioGames: “Ho solo un’ultima domanda: i giocatori amano collezionare oggetti relativi ai loro giochi preferiti, avete in mente di far uscire un artbook con all’interno tutti gli splendidi artwork che ci hai mostrato?”
Mitton: “Possiamo parlarne? (ride) Io lo vorrei. Se ne facessimo uno, penso che proveremmo a renderlo come un libro fotografico, non cercheremmo di far entrate tutto in piccole vignette, cercheremmo di raccontare una storia attraverso l’arte. Sì, sarebbe fantastico. Non lo so ancora, ma ci spero! (ride)”
SpazioGames: “Grazie infinite!”
Mitton: “Grazie a te!”
Dopo la video anteprima di Dishonored 2 e le due interviste, rimanete con noi anche domani per l’ultima intervista, quella al lead designer Dinga Bakaba, che ci ha raccontato diversi aspetti del design del gioco, discutendo anche della sua verticalità e delle dimensioni delle mappe delle diverse missioni. Non perdetela!