Oggi non c’è videogiocatore medio che non abbia sentito parlare dei
Dark Souls. Action-RPG criptici, atmosferici, severi ma anche incredibilmente onesti. La loro struttura punitiva, basata sull’imparare dai propri errori e passando per innumerevoli morti, è diventata praticamente proverbiale. Qualunque videogioco dove si muoia o fallisca (relativamente) molte volte adesso viene additato come “il
Dark Souls del suo genere”. È successo a giugno di quest’anno con
Crash Bandicoot Nsane Trilogy, ed è ricapitato assai più recentemente con il bellissimo
Cuphead. Qualche giorno fa lo stesso
DS ne è stato adattato nello stile e nel
gameplay, in una sorta di
tributo-parodia. Quello che volendo potrebbe non essere noto a molti è che, prima di
Dark Souls, l’esordio di FromSoftware in questo genere è passato per un altro videogioco:
Demon’s Souls. Ora che la chiusura dei server di tutto il mondo ha
una data certa, ripercorriamo la storia di questo videogioco dalle origini fino a oggi. Un racconto che inevitabilmente si intreccia con la storia dei suoi creatori, quei
FromSoftware che, dopo anni di “artigianato”, si sono trovati in cima al mondo.
La radice nel Campo del Re
L’origine di Demon’s Souls viene direttamente da una precedente proprietà intellettuale di FromSoftware: King’s Field. Il suo primo episodio, pubblicato nel 1994 nel solo Giappone, è considerato essere uno dei primi videogiochi completamente 3D della storia. Nonostante il design rigido e la progressione così severa da abbandonare il giocatore a se stesso, il gioco ottiene un buonissimo successo. Ne vengono sviluppati tre seguiti, che si guadagnano anche la pubblicazione USA. L’ultimo nato, King’s Field IV, riesce finalmente ad approdare in Europa nel 2003 (due anni dopo l’uscita originale) sotto la distribuzione dell’ormai defunta Metro3D. Per quanto quest’ultimo videogioco sia noto ai più per la sua localizzazione di bassissima qualità (tanto da essere divenuta un fenomeno di internet), il gioco contiene le idee che poi confluiranno in Demon’s Souls. Contesto medievale e un po’ “gotico”, atmosfera opprimente, mondo interconnesso da esplorare in stile dungeon-crawling, struttura punitiva. Per quanto negli anni successivi la From continui a mantenersi con l’altra sua serie di successo (Armored Core), King’s Field rimane nelle loro menti, per poi riemergere con prepotenza nel 2007. PlayStation 3 e Xbox 360 sono alle porte, e From ha bisogno di esordirvi. Si pensa inizialmente proprio a un quinto King’s Field; tuttavia ci si rende presto conto che gli oneri di sviluppo su queste nuove macchine sono difficili da sostenere per la loro realtà stabile ma piccola. Se Armored Core debutta senza particolari problemi, per questo “nuovo gioco” non c’è altra soluzione che l’esclusiva. L’accordo stretto con Sony prevedeva supporto nello sviluppo e ne assicurava la pubblicazione sulla loro console, in cambio dei diritti futuri sulla proprietà intellettuale. King’s Field viene pertanto accantonato, ma lo stesso non accade alle sue idee.
Da Camelot a Boletaria, passando per i robot
Sviluppare Demon’s Souls richiede due travagliati anni. E fin dall’inizio l’aura che circonda il gioco non è delle migliori: gli stessi addetti ai lavori lo considerano un fallimento annunciato. È in quel momento che si fa avanti un nome destinato a rimanere nelle menti di tutti gli amanti dei Souls: Hidetaka Miyazaki. Questo designer e direttore esordiente (ha appena finito Armored Core 4) si incarica la regia del gioco, e si può dire che per lui è stata l’occasione di una vita: fare il videogioco che aveva sempre sognato. Preso King’s Field, vi aggiunge il proprio retroterra culturale: gli studi sul folklore pagano, i librigame anglosassoni e il film del 1981 Excalibur di John Boorman. Egli stesso si impone con la Sony per impedirgli di rendere il gioco in prima persona e lasciarlo in terza. Il risultato è un action-RPG severo e, ancora adesso, praticamente unico nel suo genere.
Vestiamo i panni di un giovane cacciatore di demoni, che si avventura nell’ormai compromesso regno di Boletaria alla ricerca di gloria. Il gioco ha dinamiche che si basano su percorsi lineari, lo studio dei nemici e la conoscenza dei propri equipaggiamenti. La profondità del suo gameplay e un bilanciamento maniacale, ma allo stesso modo esibisce severità anche eccessive. Più che la narrativa criptica (volutamente poco approfondita), il livello di difficoltà impegnativo si intreccia con le penalità al fallimento. La morte infatti dimezza la barra della salute, per rappresentare la perdita della forma fisica. Morire quindi si paga caro, e accade più facilmente di qualunque altro Souls. Viene comunque lasciata perdere l’idea di un mondo interconnesso, optando per cinque macro-livelli che fanno capo al Nexus, l’hub dove si migliorano gli equipaggiamenti e si sale di livello. Le ambientazioni impegnative sono però controbilanciate da bossfight semplici ma epiche, contro nemici giganti come poche altre volte si era visto su console. Ma soprattutto, Demon’s Souls riesce per la prima volta a portare sulla settima generazione di console un autentico sentore di quello che oggi tutti identifichiamo come “dark fantasy”. Viene dipinto un Medioevo a linee dritte, senza la minima traccia di buonismo. Un’epoca oscura, appassita, in cui forze irrazionali dominano e la lotta per la sopravvivenza è spietata. Un mondo dove si è sempre un po’ soli: da questa idea nasce il multigiocatore asincrono. Si può invadere, cooperare, lasciare messaggi sul terreno e vedere gli spettri degli altri giocatori connessi. Un design così ben riuscito da essere rimasto praticamente inalterato.
Il successo e il futuro: in compagnia ma non troppo
Purtroppo, la negatività accumulata arriva tutta al Tokyo Game Show del 2008. La demo presentata in quell’occasione è troppo breve e i giocatori muoiono in continuazione. Incassato pure il parere negativo di Shuhei Yoshida (presidente di PlayStation), Demon’s Souls esce quindi nel 2009. Le vendite al lancio sono tutt’altro che esaltanti, sfogando in qualche modo la poca considerazione che il gioco aveva subito sin dall’inizio. Come un effetto a cascata, Sony non vuole pubblicare il gioco fuori dal Giappone: ad approfittarne è la Atlus, che lo localizza e riesce a distribuirlo negli Stati Uniti. I risultati sono inaspettati: il pubblico occidentale reagisce in maniera sorprendentemente positiva nei confronti dell’opera From. Il gioco va avanti per pura forza del passaparola, fino a quando la Namco-Bandai non strappa alla Atlus i diritti di distribuzione. Questo nuovo publisher ritraduce il gioco (la localizzazione di Atlus si prendeva molte libertà, tra cui anche l’omissione di un paio di dialoghi giudicati “sconvenienti”) e gli permette finalmente di vedere l’Europa. Demon’s Souls arriva così nel nostro continente il 25 giugno 2010, un anno e mezzo dopo la pubblicazione originale giapponese. L’accoglienza stavolta è addirittura migliore, anche da parte della critica: il gioco sfonda il tetto del mezzo milione di copie nel settembre dello stesso anno. Il risultato è più che sufficiente per convincere Namco Bandai a proseguire su questa strada. Un sequel diretto è però fuori discussione: la proprietà intellettuale è di Sony. Tuttavia FromSoftware non abbandona il proprio stile creativo. Recuperato il concetto di “mondo interconnesso”, si accorda per realizzare un “successore spirituale” delle avventure a Boletaria. Sta nascendo il primo Dark Souls, l’IP che li porterà a diventare una delle realtà di sviluppo più influenti del mondo. Ma questa è un’altra storia.
Siamo arrivati alla fine di questo viaggio. Demon’s Souls, prima di tutto, è stato la cristallizzazione di un’ambizione. L’autentica volontà, da parte di un piccolo studio laborioso, di voler fare un videogioco che fosse prima di tutto bello, unico e innovativo. E quest’ispirazione è stata pienamente notata da chiunque ci abbia giocato, tanto da non farne mai veramente calare la popolarità nell’arco dei suoi dieci anni di vita. Tanto da essere tuttora giocato e apprezzato. Ma nonostante questo, recentemente si è saputo che i server online verranno chiusi il 28 febbraio prossimo. Una decisione che non può che generare malinconia. Forse questo è uno dei pochi momenti in cui sarebbe lecito sperare in una futura remaster, magari con i contenuti che ai tempi i From non fecero in tempo a inserire. Quel che è certo è che Demon’s Souls rimarrà per sempre nel cuore di chiunque ne abbia calcato le lande virtuali.