“Senza di te non sono nulla”, sembrano voler dire a ogni passo i due fratelli protagonisti di Brothers: A Tale of Two Sons, se solo parlassero una lingua comprensibile. È un rapporto simbiotico dal legame apparentemente indissolubile, il loro, di quelli in cui il mutuo soccorso risulta essere vitale per proseguire il proprio cammino, per trascinarsi avanti in un mondo fiabesco ricco di insidie lungo una mini epopea di circa tre-quattro ore, certamente brevi ma senza dubbio appaganti, intense e dannatamente coinvolgenti.
Due di due
Quella di Brothers è una storia sul coraggio, la crescita e soprattutto l’amore per la propria famiglia, un tema tanto caro al regista Josef Fares, qui per la prima volta alle prese con un videogioco grazie al supporto dei ragazzi di Starbreeze Studios. Fares sa bene che la narrazione videoludica è ben diversa da quella cinematografica, lo sa perché coi videogiochi ci è cresciuto prima ancora di conoscere il successo e intraprendere la carriera dietro alla cinepresa, da cui ha voluto prendersi una pausa per sperimentare con qualcosa di nuovo e più stimolante, eccitato dalle grandi possibilità che questo medium è in grado di offrire. E ci è riuscito molto bene, costruendo un impianto narrativo dove non esistono parole e dialoghi, dove i personaggi non hanno un nome né un’identità, ma solo un’essenza. Tutto viene raccontato dal poetico e ispirato mondo di gioco, dalla inequivocabile gestualità dei personaggi che bofonchiano e sbraitano versi che sembrano il relitto di un antico dialetto norreno ormai perso nel tempo, da quel sostrato grottesco di atti vili avvenuti tra lande desolate dove l’urlo del vento si mescola alle grida delle anime perdute. Brothers è un racconto intenso e triste, un dramma personale in un terra lordata dal sangue dei morti, da cadaveri contro cui ci imbatteremo lungo il nostro cammino senza nemmeno capire le reali cause che hanno portato a tragedie così grandi e al contempo così intime.
Partirete per il vostro viaggio in fretta e furia, cercando di trovare una cura per vostro padre, in lotta contro la sua malattia disteso su un solido tavolo di legno mentre viene accudito da una misteriosa figura. Dal villaggio rustico ve ne andrete rapidamente, passando da quel nucleo scarsamente popolato che è la vostra minuscola terra natia, fino a lambire i precipizi che si affacciano su una taiga scandinava abitata da giganti e creature bizzarre talvolta amiche, altre volte ostili. Nonostante la brevità dell’avventura, colpisce la grande varietà di situazioni e ambientazioni, capaci di intrattenere come se foste davanti a un’opera concentrata che non si perde in banali riempitivi che ne avrebbero forse minato il nerbo narrativo. Brothers: A Tale of Two Sons è una fiaba muta che racconta più di quanto un videogioco moderno riesca a fare coi suoi ovvi e riciclati dialoghi; è la piena espressione del videogioco a tutto tondo che richiama con prepotenza gli echi di quel capolavoro di nome ICO. Non tanto per l’incomprensione dell’eloquio dei personaggi o per la cooperazione tra i due protagonisti, ma più per lo stesso modo di comunicare col giocatore e far vibrare con autenticità le sue emozioni, creando quell’interconnessione mentale che fa da apripista all’empatia.
Rassicuranti mani fraterne
Le particolarità di Brothers: A Tale of Two Sons non si limitano solo all’aspetto narrativo e alla sua ambientazione, ma al contrario diventano ancora più evidenti quando si comincia a giocare e si realizza fino in fondo di star vivendo un’esperienza in cui si intraprende una cooperativa con se stessi: controllerete i due fratelli con un solo pad, come se le vostre mani fossero davvero gli strumenti attraverso cui agire le volontà dei personaggi. Grilletto (tasto azione) e analogico sinistro per il fratello maggiore; grilletto e analogico destro per quello minore. Contemporaneamente. Si tratta di una scelta di game design coraggiosa e ardita, che tutto sommato funziona bene e raramente porta alla frustrazione. Capiterà però di invertire la posizione dei due personaggi su schermo, pertanto il vostro cervello e le vostre dita potrebbero non rispondere immediatamente al meglio, riducendovi talvolta a deviare involontariamente dalla direzione giusta. Non sono pochi i momenti in cui vi fermerete realizzando che avete incrociato le posizioni dei due e che forse è meglio rimetterli al loro posto per non far fare le bizze al vostro cervello. Niente di drammatico, comunque, perché non ci saranno mostri a corrervi dietro ogni cinque minuti e quindi non cederete al panico bestemmiando contro il particolare sistema di controllo.
Brothers è interamente basato sugli enigmi ambientali e su situazioni di gioco che obbligano alla cooperazione tra i due fratelli. Quello maggiore è più forte e può tirare le leve pesanti, è l’unico dei due in grado di nuotare, ha più peso, ma di contro è anche più grosso, quindi a differenza del fratello minore che ha un corpo più esile, non può passare tra le sbarre di gabbie e cancelli e non può quindi raggiungere alcuni punti particolari da dove è possibile attivare i meccanismi che aprono la via a nuove aree. L’ideazione e la messa in scena dei puzzle glorifica in tutto e per tutto questo dualismo, senza tuttavia renderlo mai artificioso o fuori luogo; tutto è molto intuitivo, appagante, convincente e mai innaturale. Il superamento degli ostacoli è un processo sempre molto intuitivo e gradevole, merito di un level design semplice che non cede mai il fianco ad arzigogoli creativi che ne avrebbero forse inficiato l’immediatezza. La collaborazione tra i due fratelli non si limita però al solo utilizzo di leve o abbassamento di ponti, tutt’altro. Nelle fasi più avanzate tutto diventa più interessante quando i due saranno fisicamente legati l’uno all’altro, trasformandosi quindi a ogni occasione nel perno attraverso cui, alternatamente, i fratelli possono oscillare per raggiungere appigli altrimenti fuori portata. Di grande valore artistico sono invece quegli enigmi in cui parti semoventi dello scenario mutano completamente la fisionomia delle strade da percorrere. Non vi diciamo esattamente cose sono queste “parti” proprio per non rovinarvi la sorpresa, ma vi assicuriamo che ne varrà la pena scoprirlo da soli.
Don’t Leave me
In due non bisogna solo superare gli sbarramenti che ci si pareranno innanzi, ma anche affrontare i boss. Dato che i fratelli non hanno a disposizione nessuna arma e le uniche due azioni possibili sono il movimento libero e l’interazione con gli oggetti dello scenario, è facile capire come anche in questi casi bisogna giocare d’astuzia. Per la verità, si poteva fare qualcosa in più a livello di complessità generale, poiché non si ha mai la sensazione di avere di fronte un ostacolo degno di far spremere a fondo le meningi o che possa rappresentare un grosso elemento di sfida per il giocatore. Starbreeze Studios ha probabilmente evitato di proposito di alzare la difficoltà di Brothers, scegliendo più la via di un gameplay funzionale all’impianto narrativo, che fungesse da fondamenta e al contempo da struttura di base su cui edificare un racconto fiabesco a tinte cupe, che affonda le sue radici negli strascichi di antiche mitologie nordiche forse ancora poco raccontate. Brothers: A Tale of Two Sons è l’elogio dell’avventura e della scoperta, una storia dove viene anche dipinta la fase di crescita che porta l’adolescente a diventare un uomo. Vivrete questo passaggio sulla vostra pelle, vi immedesimerete e capirete anche il loro dolore, facendolo vostro. In Brothers i cadaveri non sono puro elemento scenografico e non sono nemmeno squallidi pretesti per dipingere uno scenario tutt’altro che bambinesco, e ve ne accorgerete soprattutto durante una scena molto forte, durante un atto scellerato di cui capirete forse le motivazioni, ma mai la reale natura. Perché Brothers è questo: un’opera dove siete voi a cercare di capire cosa sia accaduto in quel mondo semi abbandonato, vittima della natura e di chissà cos’altro, senza mai arrivare a comprenderlo veramente. Tutto è carico di mistero, non vi vengono date spiegazioni e ciò che vedrete e vivrete sono gli unici elementi su cui far viaggiare la vostra immaginazione. Capirete ben presto che c’è una storia non raccontata dietro a ogni cosa bizzarra o inaspettata contro cui vi imbatterete, una magia e un senso del fantastico frammisti a un sottofondo tragico qui magnificamente rappresentato. Brothers: A Tale of Two Sons è una perla che non dovete lasciarvi assolutamente sfuggire, non priva di qualche difetto, ma che sa come colpire il giocatore e trascinarlo a forza in un mondo che ha da raccontare molto più di quanto appare. Una storia drammatica che conclude certamente l’avventura dei due, ma che anche a console spenta vi farà chiedere cosa è successo in quel mondo così pacifico e così violentato da un passato burrascoso e segreto.
– Storia ottimamente raccontata in modo alternativo
– Ambientazione e sfondo narrativo di grande livello
– Puzzle convincenti basati sulla cooperazione
– Concept originale e coraggioso
– Un po’ corto
– Sistema di controllo a cui ci si deve abituare
Brothers: A Tale of Two Sons è un titolo poetico, magico e carico di mistero; è una storia narrata senza voce ma con grande potere immaginifico, con uno stile unico che mescola il fiabesco alle tinte forti, regalando ai giocatori un’esperienza breve ma assolutamente gratificante. È questa la vera sorpresa dell’estate, non perdetevela.